#NUTRACEUTICA Lotta alla distrofia muscolare: un piccolo pesciolino per una grande speranza
03/06/15
Un piccolo pesciolino per una grande speranza: riuscire a fare dei passi avanti nella lotta alla distrofia muscolare.
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Un piccolo pesciolino per una grande speranza: riuscire a fare dei passi avanti nella lotta alla distrofia muscolare.
Purtroppo ad oggi non vi sono terapie efficaci che possano migliorare la qualità della vita dei bambini colpiti da distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e le innovazioni sperimentali della ricerca per una più avanzata terapia genica sembrano poter beneficiare solo una piccola quota dei bambini con la malattia. Al contempo, come vedremo approfondendo la conoscenza del progetto Nutra-Fish, ci sono indicazioni che vengono dall’ascolto dei pazienti e delle loro famiglie, secondo cui una corretta alimentazione migliorerebbe la qualità della vita di chi è colpito da patologie neuromuscolari. Ed è da qui che parte la sfida del professor Filippo Santorelli e del suo team, che hanno partecipato e vinto il Bando Nutraceutica della Regione Toscana insieme ad altri tredici progetti di ricerca.
Professor Santorelli, ci descriva il progetto “Nutra-Fish”. Come nasce e quali sono i suoi obiettivi?
Il progetto si rivolge alle lotta contro le distrofie muscolari, che sono una causa frequente di malattia neuromuscolare nell’età dello sviluppo. Alcuni numeri fotografano la portata del problema: La distrofia muscolare di Duchenne colpisce circa 1 su 3500 maschi mentre le più rare distrofie muscolari congenite colpiscono circa 1 su 100000 bambini. Si stanno accumulando evidenze scientifiche che dimostrano come una corretta alimentazione abbia effetti positivi sulla qualità della vita dei pazienti. L’obiettivo globale del progetto è di analizzare un ampio numero di sostanze nutraceutiche in un modello di distrofia muscolare e verificare se tali bioalimenti possano avere sufficiente valenza per future sperimentazioni cliniche nel bambino con DMD.
Il modello che utilizzate è il cosiddetto “zebrafish”. Di che si tratta?
Si tratta di un piccolo vertebrato, un pesciolino il cui nome scientifico è Danio rerio. E’ lungo tra i tre e i cinque centimetri, di forma affusolata. La ricerca delle malattie muscolari negli ultimi anni ha sempre più utilizzato questo modello per le sue similitudini nella struttura dei geni della composizione delle masse muscolari. In particolare alcuni modelli definiti “mutanti sapje” si sono dimostrati molto validi nel riproporre molti dei danni che si osservano nei bambini con DMD. Il suo nome, zebrafish o pesce zebrato, è legato alle strie orizzontali gialle ben riconoscibili sul fondo nero-bluastro. Rispetto ad altri modelli di laboratorio presenta diversi vantaggi: presenta caratteristiche dei muscoli simili a quelle degli uomini è semplice da manipolare ed è capace di crescere in piccole quantità di acqua e di cibo. Tutte caratteristiche che lo rendono uno dei migliori modelli per gli screening farmacologici ad alta risoluzione.
Come agite, in pratica, sullo zebrafish e sulla base di quali obiettivi?
Osserviamo come si comporta la proteina malata del muscolo. L’obiettivo globale del progetto è di analizzare un ampio numero di sostanze nutraceutiche in un modello di distrofia muscolare validato in zebrafish e verificare se tali bioalimenti possano essere impiegati per sperimentazioni cliniche nel bambino con DMD. Come primo passo vogliamo reperire dati sperimentali che permettano un miglioramento dei parametri morfologici e molecolari della malattia DMD nel modello. L’obiettivo secondario, invece, è quello utilizzare modalità molecolari “omiche” su zebrafish e su cellule umane per valutare quali fattori si modifichino in seguito al miglioramento indotto dalla sostanza o dalle sostanze bioattive e nutraceutiche selezionate.
Ci sono già dei riscontri concreti in questo senso sui pazienti?
Diciamo che l’ascolto dei pazienti è il punto di partenza, nel senso che sono loro stessi a dirci che mangiando certi tipi di sostanze si sentono meglio.
Quali sono questi cibi?
Frutta, cereali, vegetali “colorati” (pomodori, peperoni, etc.) ricchi di sostanze antiossidanti naturali, alimenti poveri di proteine. Ci sono queste informazioni, ma pochi dati preclinici sufficientemente adeguati. Il nostro lavoro va proprio in questa direzione: osservare come sostanze bioattive ed antiossidanti siano capaci di migliorare i problemi muscolari dei soggetti affetti da DMD in un ambito scientificamente controllato. Crediamo che una corretta alimentazione nelle patologie neuromuscolari possa essere una possibile alternativa terapeutica da proporre ai nostri pazienti.
Chi sono i componenti del team che stanno lavorando al progetto “Nutra-Fish”?
I soggetti coinvolti sono la Fondazione Stella Maris, il centro di assistenza clinica e di ricerca di rete del Ministero della Salute e il polo universitario didattico dell’Università di Pisa. Io sono il coordinatore del progetto al quale lavorano una giovane post-dottoranda, la dottoressa Maria Marchese, un chimico farmaceutico, il dottor Stefano Doccini, dottorando in Neuroscienze, e un biologo, il dottor Jacopo Baldacci.
Qual è il suo giudizio sull’impegno della Regione Toscana a sostegno dei progetti di ricerca sulla nutraceutica?
Credo sia un approccio illuminante, una delle poche regioni ad avere visione sull’interconnessione tra salute e cibo. Chi ha pensato ad un impegno su questo fronte in passato ha dimostrato di avere visto lungo sul futuro. Naturalmente non abbiamo la “pallottola magica” per vincere alcune malattie, ma possiamo modificare gli stili di vita, in meglio. Ben venga questo approccio da parte della Regione.
Redazione Meet the Life Sciences
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