Emergenza COVID-19: TLS presenta progetto di ricerca in collaborazione con INMI Spallanzani e sottolinea la massa critica rappresentata dalle realtà toscane su questo fronte.
27/04/20
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Paolini: la chiave sta nelle competenze, collaborazioni e partnership pubblico-private
Nelle settimane che hanno seguito l’annuncio del primo focolaio di polmonite da SARS-CoV-2, abbiamo assistito ad un costante incremento del numero dei casi che, al giorno 27 aprile 2020, è giunto ad un totale di 2.858.635 unità a livello globale, di cui 195.351 in Italia[1]. Il 30 gennaio 2020, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato COVID-19 la sesta emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale e il giorno 11 marzo 2020 COVID-19 è stata dichiarata pandemia.
Con il diffondersi, a livello globale, del coronavirus SARS-CoV-2, ognuno ha messo in campo le proprie risorse e competenze per far fronte all’emergenza e cercare soluzioni e trattamenti possibili per COVID-19.
Anche la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) ha presentato un progetto di ricerca su questo fronte, portato avanti dal team del vAMRes Lab (“Vaccines as a remedy against AntiMicrobial Resistance), in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma.
Ne parliamo con Andrea Paolini, direttore generale di TLS.
Come nasce il progetto e perché il vAMRes Lab?
Il vAMRes Lab, fin dalla sua nascita nel 2018, implementa la metodica di identificazione di anticorpi monoclonali che possono essere testati in saggi in vitro sia contro specie batteriche che virali. Un approccio inizialmente (e tuttora) seguito per un progetto su batteri antibiotico-resistenti, per il quale il laboratorio ha vinto un ERC Advanced Grant da 2,5 milioni di Euro e un grant Wellcome Trust da oltre 4 milioni di Euro, e che oggi vede il team di ricerca al lavoro anche sul virus SARS-CoV-2.
In seguito all’outbreak di COVID-19, infatti, abbiamo tempestivamente aggiunto una linea di ricerca dedicata al Coronavirus nell’ambito del Progetto C.Re.Me.P. (Centro Regionale per la Medicina di Precisione) finanziato dalla Regione Toscana.
Il progetto di ricerca mira a sviluppare anticorpi monoclonali umani in risposta all’infezione da SARS-CoV-2, con l’intento di utilizzarli a scopo profilattico/terapeutico e nella ricerca di antigeni per lo sviluppo di vaccini, basandosi sull’approccio innovativo della Reverse Vaccinology 2.0.
Perché si crede negli anticorpi monoclonali come soluzione? Quali sono i vantaggi?
Gli anticorpi monoclonali umani sono prodotti sicuri, approvati da tutte le agenzie regolatorie e già ampiamente impiegati in terapia tumorale e, di recente, per le malattie infettive. Si pensi al caso dell’infezione da Ebola per il quale, qualche anno fa, hanno rappresentato la prima e unica soluzione per terapia e prevenzione, raccomandata da World Health Organization (WHO).
Inoltre, presentano vantaggi su diversi fronti: si tratta di prodotti biologici terapeutici (non vaccini) che possono essere usati anche per profilassi oppure, successivamente, anche per identificare gli antigeni bersaglio per lo sviluppo di vaccini. Inoltre, gli anticorpi monoclonali hanno tempi di sviluppo più rapidi rispetto ai vaccini o ad altri farmaci antivirali e risultano più semplici da produrre a livello industriale (ad esempio non necessitano di un impianto dedicato come nel caso dei vaccini).
Qual è il rapporto con l’Istituto Spallanzani?
L’accordo siglato con l’Ospedale Spallanzani INMI (Istituto Nazionale Malattie Infettive) di Roma è antecedente all’emergenza COVID-19 ed è volto allo sviluppo di anticorpi monoclonali umani che possano offrire una risposta rapida a malattie infettive emergenti. Il coronavirus sta rappresentando il primo vero banco di prova che ci vede collaborare con l’Istituto nell’ambito dell’accordo quadro biennale. Nel caso specifico di SARS-CoV-2 l’Istituto, in qualità di I.R.C.C.S. dedicato alle malattie infettive, offre il suo prezioso contributo derivante dalla possibilità di accedere a campioni di sangue provenienti da pazienti COVID-19 e a informazioni e analisi relative agli stessi pazienti. Inoltre, l’Istituto ha isolato e coltivato in vitro l’agente patogeno.
Vorrei però sottolineare che oggi la collaborazione si è estesa. Come Fondazione Toscana Life Sciences, infatti, ci siamo attivati con tutte le strutture ospedaliero-universitarie toscane, con la finalità di stringere accordi su questo fronte. Ad oggi, la collaborazione è stata attivata con il Policlinico Le Scotte di Siena, in seguito al parere positivo del comitato etico, e stiamo procedendo allo stesso modo con le strutture di Pisa e di Firenze.
Come state finanziando la ricerca?
Al momento, il progetto di ricerca (che prevede una durata di 24 mesi) è stato avviato attingendo a una parte delle risorse del Progetto C.Re.Me.P. (Centro Regionale per la Medicina di Precisione), finanziato dalla Regione Toscana e che coinvolge TLS insieme a Azienda Ospedaliero Universitaria Senese e Università di Siena. Si tratta di risorse funzionali all’avvio delle attività ma abbiamo attivato una vasta campagna di raccolta fondi che potrà garantirne il proseguimento.
Abbiamo bisogno di continuità nell’attività e, in particolar modo, vogliamo attrarre giovani e talentuosi ricercatori che possano così fornire il proprio contributo alla realizzazione di un progetto così ambizioso.
A questo proposito, vorrei ringraziare Confindustria Toscana Sud, Whirlpool, altre aziende e cittadini del territorio che stanno supportando il nostro progetto con le prime donazioni, oltre che il Comune di Siena e la Fondazione MPS per il supporto strategico all’iniziativa.
In breve tempo, dagli 8 ricercatori che componevano il team siamo passati a 11. In parallelo, stiamo ampliando lo spazio laboratorio e ufficio e stiamo ridisegnando l’organizzazione dei laboratori per permettere a tutti di lavorare nel migliore dei modi e in sicurezza, visto il contesto generale particolarmente complesso.
Nei giorni successivi alla presentazione del progetto c’è stato un plauso da parte di Regione Toscana e altri attori del territorio alla proposta di fare di Siena un polo antipandemico di riferimento nazionale. Più esattamente, di che si tratta?
Investire in un centro dedicato alla sicurezza nazionale può avere un valore strategico imprescindibile in casi come l’emergenza in corso, altrimenti ci troveremo sempre impreparati di fronte al diffondersi di malattie emergenti, come è stato nei casi di SARS, Ebola, Zika e, adesso, di SARS-CoV-2.
Abbiamo accolto con grande favore i segnali positivi della Regione e del Comune di Siena in seguito all’annuncio, che dimostrano di essere in linea con il nostro operato e le strategie.
La nostra proposta è quella di considerare il polo senese della vaccinologia e delle scienze della vita come punto di riferimento, a fronte non solo del valore e dell’impegno delle attività, delle competenze e delle sinergie allo stato attuale ma anche rispetto a un progetto che abbiamo proposto al Ministero della Salute per la realizzazione di un impianto capace di produrre lotti pilota per la prova clinica nell’uomo e un numero sufficiente di dosi per un primo intervento. Si tratta di progetti per i quali è attiva una stretta collaborazione con tutti gli attori chiave del territorio, in particolare il Comune di Siena e la Fondazione Monte dei Paschi, e possibili grazie alle risorse derivanti anche da fondi della Regione Toscana.
La forza di questa progettualità è la coesistenza e la voglia di collaborare e di sviluppare modelli di partnership pubblico privata dimostrata anche dai principali attori operativi del territorio come le aziende (GSK in primis), l’Università e l’Azienda Ospedaliera.
Trasfusioni di plasma e test sierologici: cosa distingue il vostro approccio da quelli appena elencati e, se ci sono, quali i punti di contatto?
La ricerca da noi condotta in TLS non riguarda test sierologici e nemmeno trasfusioni di plasma da pazienti guariti da COVID-19. E’ dunque necessario chiarire meglio.
La trasfusione di plasma da pazienti guariti da COVID-19 a pazienti malati è una pratica medica, di cui si era sentito parlare già tempo fa, quando in Cina si iniziò a considerare questa possibilità. Il razionale alla base di questa terapia consiste nel fatto che il plasma dei guariti dovrebbe contenere gli anticorpi contro il virus che, una volta infusi nel ricevente, dovrebbero aiutarlo a stare meglio. Alcuni ospedali italiani, come ad esempio il Cisanello di Pisa, stanno seguendo questo approccio, in parallelo ad altre terapie.
In TLS non lavoriamo a nessun test sierologico o diagnostico, non diagnostichiamo COVID-19 a nessuna persona. La diagnosi è effettuata dai medici degli ospedali con cui collaboriamo, tra cui appunto l’ospedale Spallanzani di Roma, tramite tampone naso-faringeo. Se poi gli anticorpi monoclonali che scopriremo saranno utili anche per sviluppare test diagnostici o, ancora meglio, vaccini, questo lo vedremo. Si tratterà però di applicazioni secondarie e future. Siamo però molto soddisfatti e fieri del fatto che realtà imprenditoriali presenti in TLS come la Diagnostica Senese stiano lavorando allo sviluppo e alla produzione del test che verrà fornito già nei prossimi giorni alla Regione Toscana.
In una logica regionale, quali altre realtà del Distretto Scienze della Vita sono attive contro SARS-Cov-2?
Le Life Sciences rappresentano un settore fervido e d’importanza strategica in Toscana che si è in particolar modo mobilitato a fronte dell’emergenza dovuta al diffondersi dei contagi da coronavirus SARS–CoV-2. A tale proposito, sono diverse le aziende che hanno messo in campo le proprie forze, il know-how e le risorse per portare avanti attività di ricerca e di sviluppo sia di test diagnostici sia di possibili soluzioni per la profilassi o terapia in questo ambito. Penso a: VisMederi che collabora con più aziende nella parte preclinica e clinica per diversi prototipi di vaccino verso covid-19, anche attraverso il supporto economico del consorzio internazionale CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations); Diesse Diagnostica Senese che, come accennato sopra, insieme a INMI Spallanzani, stanno lavorando allo sviluppo congiunto di test sierologici per la diagnosi di Covid 19 e, in parallelo, sta sviluppando kit mediante l’utilizzo di proteine ricombinanti immunodominanti specifiche del virus grazie al gruppo di Ricerca e Sviluppo DIESSE incubato presso TLS; Kedrion Biopharma che sta operando nell’ambito dei plasmaderivati e ad una immunizzazione passiva, attraverso la purificazione di immunoglobuline iperimmuni anti-SARS-CoV-2.
Tutto questo conferma le competenze di eccellenza presenti sul territorio e l’opportunità che ne può derivare dal farle collaborare sempre di più all’interno di un progetto condiviso di sistema.
[1] Fonte OMS: https://covid19.who.int/
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