Il nuovo volo di ABzero, la startup che trasporta il sangue con i droni. “Pronti per far decollare anche i tamponi”
10/11/20
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Abbiamo intervistato Giuseppe Tortora, ceo e Co-founder dell’azienda che, in tempo di Covid, si candida anche per il trasporto di tamponi e dei risultati dei test.
Vola sempre più in alto, come è nella natura del suo core business, ABzero, startup nata nel 2017 per offrire un sistema che utilizza droni per trasportare, in modo rapido e sicuro, sangue, emoderivati, famarci e organi. Un percorso iniziato all’interno della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e che oggi si rafforza, anche grazie alla recente incubazione nel Campus di Novartis a Torre Annunziata. Un attestato importante per continuare il processo di ricerca e perfezionamento della startup. Abbiamo incontrato Giuseppe Tortora, CEO e Co-founder di ABzero e ricercatore del Sant’Anna, insieme ad Andrea Cannas, per fare il punto sullo stato dell’arte e per provare insieme a delineare gli sviluppi futuri di un’azienda che soprattutto oggi, in tempo di Covid, ha le carte in regola per esprimere ancora di più il suo potenziale, magari nel trasporto rapido di tamponi, risultati e cure contro il Coronavirus.
1) L’azienda, nata ormai tre anni fa, ha sviluppato un sistema di droni per il trasporto rapido e sicuro di sangue. Può raccontarci brevemente il vostro percorso da quella prima intuizione alla Scuola Superiore Sant’Anna a oggi?
ABzero è nata nel 2017 da un’idea mia e di Andrea Callas, anche se la volontà di fare impresa era già di qualche anno prima. Per quanto mi riguarda mi sono avvicinato ad ABzero potendo contare su importanti esperienze e questo bagaglio di conoscenze mi è stato molto utile. Sono sempre stato convinto della necessità di rafforzare il legame tra ricerca e aziende e in questo la mia attività di ricercatore a capo dello Smart Medical Theatre Lab dell'Istituto di BioRobotica mi ha dato una grande mano, fin dalle prime fasi. Siamo partiti molto bene, vincendo importanti riconoscimenti come, nel 2017, la Start Cup toscana e poi un premio di AXA che aveva messo a disposizione 50mila euro per finanziare le startup. Nel 2018 abbiamo avuto l’opportunità di realizzare il nostro primo prototipo: il drone con smart capsule. Abbiamo voluto differenziarci fin da subito da chi fa trasporto con i droni in generale, e siamo stati la prima azienda a livello mondiale a realizzare, nel 2018, il primo volo attivato da un contenitore intelligente, la capsula intelligente, direttamente da personale medico. La nostra idea è proprio quella di far usare il delivery con i droni, in maniera semplice e immediata, a chi ha bisogno, che nel caso di trasporto sangue, sono ospedali, personale medico e tecnici. Abbiamo, quindi, cercato di rendere il trasporto sicuro ed efficace e, sempre nel 2018, sono arrivati altri importanti finanziamenti, poi il percorso con BioUpper concluso a gennaio 2019 e infine la collaborazione con Novartis di poche settimane fa.
2) Ecco, arriviamo a questo. ABzero, da promettente startup universitaria al campus Novartis di Torre Annunziata, in pochi anni. Si parla di un piano di incubazione triennale. Quali opportunità sono previste e come affrontate questa nuova sfida?
Si tratta di un accordo molto importante che ci permette di localizzare presso lo stabilimento di Novartis a Torre Annunziata un hub operativo per continuare la crescita e lo sviluppo della nostra azienda. Un progetto che ha radici ben salde nel mondo universitario. Siamo, infatti, associati al Polo di Navacchio e siamo spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove sono ricercatore. Tutto questo ci permette di muoverci su progetti di innovazione ulteriori e di attivare finanziamenti, come – mi piace molto ricordarlo – il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale della Regione Molise, che sta arrivando a conclusione proprio in queste settimane. Fondamentali sono stati anche i bandi della Regione Toscana che, in questi anni, ci hanno permesso di poter contare su quasi 800 mila euro di capitale che abbiamo totalmente reinvestito in ricerca e sviluppo. Grazie all’incubazione triennale in Novartis speriamo di poter sperimentare su campo, all’interno di un ambiente urbano, il nostro prodotto, dando così valore e concretezza al nostro lavoro. Affrontiamo questa nuova sfida con tanto entusiasmo e con la volontà di crescere e investire soprattutto nel capitale umano. Siamo, infatti, alla ricerca di profili legati all’intelligenza artificiale e all’ ICT da internalizzare all’interno del nostro team.
3) In tempo di Covid e di distanziamento obbligato, come si inserisce e cosa può fare ABzero per rispondere alle nuove esigenze in campo medico e non solo?
ABzero come azienda nata per il trasporto del sangue con droni si rifà a una normativa che si può applicare, con leggere modifiche, anche agli organi e soprattutto, in un momento come quello legato alla pandemia, al trasporto dei tamponi. Il nostro progetto, in questo senso, potrebbe alleggerire il sistema e ridurre i tempi di arrivo dei risultati dei test, mettendo in più rapido collegamento i laboratori di analisi con le AUSL. Abbiamo proposto di utilizzare il nostro drone, già in via sperimentale, per velocizzare il trasporto dei campioni e, quasi a costo zero, parallelizzare il lavoro dei centri di analisi, permettendo a questi di schedulare gli arrivi dei tamponi, non concentrandoli tutti nello stesso momento, in modo da rilasciare risultati in tempi più rapidi.
4) Avete delle collaborazioni attive (con ospedali, strutture pubbliche /private, associazioni) che vi permettono di essere già operativi su alcuni territori?
In questi tre anni abbiamo avuto sostegni importanti che ci hanno portato alla realizzazione del primo prodotto, ancora in fase di sperimentazione avanzata e autorizzato da Enac, in un’area della Valdera, territorio a noi vicino professionalmente. Abbiamo infatti continuato a lavorare e a volare intorno a Pontedera, che è poi il luogo del nostro primo volo, per mantenere il legame forte e stabile con l’istituto di biorobotica del Sant’Anna che ci ha dato una buona spinta, anche in termini di credibilità. Oggi abbiamo dato il nostro progetto al dottor Fabrizio Niglio, Direttore U.O.C. Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell'Ospedale di Livorno-Pisa, che ci ha creduto fin da subito. Purtroppo, a parte alcune dimostrazioni, non abbiamo ancora un interesse concreto da parte delle AUSL per l’acquisizione del nostro servizio. Un interesse che ci potrebbe mettere nelle condizioni di sperimentare e quindi ottenere le autorizzazioni necessarie, anche da parte dell’Enac. Nei prossimi mesi contiamo di poter eseguire prove in uno scenario operativo. A marzo prossimo abbiamo in programma una demo presso un centro di ricerca spagnolo. E siamo fiduciosi di poter interagire in maniera sempre più stretta con le aziende sanitarie toscane, anche attraverso le sperimentazioni che la nostra Regione finanzia.
5) ABzero, nel 2018, aveva partecipato a BioUpper ed era stata selezionata tra le finaliste. Che esperienza era stata? E in questi percorsi di sostegno alle startup che tipo di opportunità o criticità avete riscontrato?
BioUpper ci ha permesso di interagire con il sistema, di individuare figure importanti, come il Distretto Toscano Scienze della Vita e come Toscana Life Sciences che ci hanno sostenuto e guidato, attraverso percorsi strutturati e competenti. Certo le criticità sono tante, soprattutto quando parliamo di finanziamenti. Nel sistema italiano, infatti, l’anticipazione della liquidità è scarsissima e tarda sempre ad arrivare. E, anche quando riesci a ottenere un prestito è difficile massimizzare il rinvestimento, proprio per i ritardi legati all’arrivo del denaro, e quindi agli annosi problemi di liquidità che sono comuni alle startup. La promessa di anticipazione è lenta e non finanzia ancora nei tempi giusti l’impresa. Fino a oggi, poi, le sperimentazioni che abbiamo fatto sono sempre state a carico nostro. E questo ha significato un investimento sia in termini di tempo, da 3 a 4 mesi di preparazione, che di denaro, almeno 4 mila euro. Per questo siamo sempre alla ricerca di fondi e di interesse, per continuare a credere a un servizio che ha potenzialità su tutto il territorio nazionale.
6) Si dice sempre che in Italia fare impresa è un’impresa. Voi siete l’eccezione? Quali consigli darebbe a un collega che ha un’idea di impresa da lanciare?
Il consiglio che mi sento di dare, che poi nasce dalla mia di esperienza, è quello di lavorare su più fronti. Partecipare a bandi, fare networking, crescere e guardare a tutte le opportunità. Ma soprattutto reinvestire. Non è facile, soprattutto per una startup, trovare finanziamenti. Noi fino a oggi siamo stati bravi, grazie soprattutto ai bandi pubblici e alla fiducia accordataci da parenti e amici, a sviluppare la fase di seed, ma la sfida che ci attende è ancora più grande ed è quella di uscire dalla famosa ‘valle della morte’. Una sorta di limbo che, dopo un investimento di 800 mila euro, potrebbe o risucchiarci o lanciarci verso la crescita, che poi è quello ci auguriamo.
7) Tornando sul tema del sostegno e delle eventuali opportunità, come vedete il Distretto Toscano Scienze della Vita. Che interlocuzione avete avuto in questi anni e come pensate di integrarla, eventualmente, anche per il futuro?
Il Distretto Toscano Scienze della Vita è stato uno dei nostri principali sostenitori, ma soprattutto è stato un interlocutore affidabile e concreto che ci ha guidato fin dalla nascita. Siamo associati come startup e, in questi anni, abbiamo partecipato con interesse agli eventi proposti. E’ sicuramente importante avere un contatto umano, fatto di persone disponibili e attive sul territorio. Mi piacerebbe poter avere un’interlocuzione ancora maggiore con le istituzioni, anche attraverso eventi e occasioni di incontro con stakeholder per noi non sempre raggiungibili, come la Regione Toscana.
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