Dalla ricerca al mercato: il successo delle idee della toscana CoAimed
26/04/21
Abbiamo intervistato la CEO Erika Rovini per conoscere meglio il dispositivo con sensori indossabili per monitorare il Parkinson
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Abbiamo intervistato la CEO Erika Rovini per conoscere meglio il dispositivo con sensori indossabili per monitorare il Parkinson
Dalla vittoria della Start Cup Toscana 2020 con la proposta WEARnCARE alla nascita di CoAimed, il passo è stato quasi naturale. Per la giovane startup toscana si apre una nuova avventura. Ne abbiamo parlato con Erika Rovini, CEO di CoAimed, che ci ha raccontato come e perché abbiano sviluppato un accurato strumento per la valutazione oggettiva dei sintomi motori della Malattia di Parkinson. Un dispositivo al servizio del neurologo per aiutarlo nella diagnosi, ma non solo.
Con WEARnCARE avete ottenuto importanti successi, a partire dalla vittoria alla Start Cup Toscana 2020. Ci può raccontare il progetto?
WEARnCARE nasce dall’idea di offrire uno strumento utile e di supporto al medico durante la valutazione dei sintomi motori per il Parkinson. Si tratta di un sistema che combina sensori indossabili e algoritmi di intelligenza artificiale, per permettere al neurologo una valutazione clinica oggettiva dei dati del movimento della malattia di Parkinson. L’obiettivo è di migliorare la qualità della vita dei pazienti predicendo l’insorgenza della malattia, prevenendone il peggioramento con terapie personalizzate, e garantendo la partecipazione attiva di medici e pazienti nel percorso di diagnosi e cura. Si restituiscono così dei parametri oggettivi, rendendo la valutazione del neurologo quanto più precisa ed efficace possibile. Inoltre, pensiamo di poter permettere al paziente di portare il dispositivo a casa, all’interno di un servizio di telemedicina, così da ottimizzare e rendere più sostenibili i processi di cura e monitorare al meglio i sintomi motori, anche in concomitanza al cambiamento di terapia. L’idea è quella di utilizzare il nostro sistema non solo su pazienti conclamati, ma anche su soggetti che presentano fattori di rischio della malattia, ad esempio: particolari disturbi del sonno, o sull’iposmia, una riduzione delle capacità olfattive del soggetto. Proprio l’iposmia è stata, fino ad oggi, uno degli aspetti più innovativi dei nostri studi. Abbiamo notato, infatti, come il nostro dispositivo sia stato in grado di identificare dei lievissimi peggioramenti motori in persone con iposmia idiopatica. Grazie alla possibilità di poter osservare precocemente questo genere di marker e di individuare situazioni di rischio, sarà possibile identificare con largo anticipo, fino a 7 anni, l’insorgenza della malattia in modo da intervenire per rallentarla.
Sempre guardando al vostro percorso di ricerca, può farci una breve bio del team?
Il progetto nasce da un gruppo congiunto tra Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Firenze. Il team è formato da me e Laura Fiorini, che siamo ricercatrici rispettivvamente all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Firenze; da Filippo Cavallo, che è professore associato all’Università di Firenze in robotica biomedica e biomeccatronica e Gianmaria Mancioppi, psicologo e dottorando in biorobotica sempre alla Scuola Superiore Sant’Anna.
Oltre alla Start Cup Toscana 2020, avete avuto altre importanti esperienze. Quali sono i piani per il futuro?
Abbiamo partecipato al Premio Nazionale dell’innovazione di Bologna e siamo arrivati in finale alla quarta edizione di Open Accelerator, promosso da Zcube e Zambon Research Venture, dove ci siamo aggiudicati lo Special Support Program Award che prevede fino a 12 mesi di coaching manageriale. In questi anni poi abbiamo creato una vera e propria rete con alcune neurologie in Italia e all’estero, con cui collaboriamo per testare i prototipi. Questo ci ha permesso, ad oggi, di testare i nostri dispositivi su oltre 400 persone all’interno di strutture toscane e non solo. Siamo partiti con l’Ospedale delle Apuane a Massa, nostro partner clinico scientifico nel progetti regionali Olimpia (Regione Toscana, Fas 2014 e Salute 2018), a cui si sono successivamente aggiunti anche le neurologie dell’ospedale di Careggi di Firenzee di Santa Maria Annunziata di Bagno a Ripoli e l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa. Inoltre, abbiamo consolidato collaborazioni anche con gli ospedali di Palermo, Bologna e Milano. Come gruppo di ricerca l’idea è di allargare la visione non solo al Parkinson, ma anche a nuovi campi, con applicazioni su altri disturbi neurodegenerativi e altre cronicità. Da qui nasce la nostra start-up: CoAimed, che mira a sviluppare e commercializzare dispositivi e servizi biomedicali avanzati basati su tecnologie Bio-Meccatroniche, Internet of Things ed Intelligenza Artificiale.
CoAimed nasce in campo universitario, anzi è il frutto della buona ricerca universitaria. Ricerca che spesso si trasforma in progetto e che alcune volte si concretizza in idea di impresa.
Noi abbiamo avuto il vantaggio di fare alcune esperienze importanti, e abbiamo iniziato ad avere anche qualche incontro con alcuni investitori. Diciamo che la Start Cup Toscana ci ha fatto uscire dal mondo della ricerca e con il premio dell’Open Accelerator ci auguriamo di poter avere un supporto efficace per la nascita, lo sviluppo e, la crescita della nuova impresa.
Se potesse fare una lista di desiderata. Cosa chiede una startup come la vostra?
Sarebbe molto utile poter contare su una gestione più snella soprattutto quando parliamo di brevetti e trasferimento tecnologico. Sarebbe importante, infine, poter avere informazioni chiare anche rispetto ai passi da compiere nella creazione di una nuova impresa. In questo credo che anche l’Università possa sostenere la ricerca e indirizzarne gli sviluppi.
Sempre guardando alle sinergie, cosa può fare il Distretto Toscano Scienze della Vita?
Il distretto Toscano di Scienze della Vita è sicuramente un’entità in grado di sostenere ed alimentare una rete di eccellenze sia Toscane sia proiettate verso l’internazionalizzazione, che per noi potrebbe rappresentare una sorta di volano per amplificare l’incontro con altri stakeholder e varie opportunità di business. Il sostegno che oggi chiediamo è quello di poter avere l’opportunità di raccontare la nostra idea e di incontrare i potenziali investitori del settore medico e biomedicale.
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