Verso il MIT4LS2018: egoHEALTH
04/09/18
Ricerca e sviluppo di dispositivi medici al centro dell'attività della startup
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Ricerca e sviluppo di dispositivi medici al centro dell'attività della startup
Sono questi gli elementi essenziali di egoHEALTH, start up senese nata nel 2013 e affiliata alla Fondazione Toscana Life Sciences. Abbiamo intervistato Gabriele Messina, ricercatore dell’ateneo senese e cofondatore di egoHEALTH, per chiedergli un parere sul Meet in Italy for Life Sciences.
Partiamo da egoHEALTH, come nasce e di cosa si occupa?
Nasce dalla collaborazione di più professionisti impegnati principalmente nello sviluppo, nella produzione, ingegnerizzazione e commercializzazione di prodotti e servizi innovativi ad alto contenuto tecnologico. Bioingegneria e informatica biomedica applicati alla sanità. Il team è formato da profili diversi: io sono un medico specialista in igiene e sanità pubblica, Gabriele Cevenini è un ingegnere, Sandra Burgassi è una biologa e Daniele Messina è un avvocato. Tre cofondatori sono docenti e ricercatori dell’Università di Siena con un’importante attività scientifica nel campo della bioingegneria e della sanità pubblica.
Da questo incontro è già nato qualcosa di concreto a livello di dispositivi?
Sì, è nato Stet Clean. Siamo partiti riflettendo sulle possibili soluzioni legate a un problema molto diffuso in ambito sanitario: quello delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). Un problema a livello globale che ha ripercussioni negative sui pazienti (oltre 130.000 morti/anno US ed EU) sulla spesa sanitaria (40 miliardi di dollari/anno US+EU), sulla degenza dei pazienti. È riconosciuto che il principale meccanismo con cui si trasmettono i microbi, che poi causano le infezioni, siano le mani. La disinfezione delle stesse rientra dunque tra le principali raccomandazioni per prevenire le ICA. Altresì, è stato dimostrato che lo steto/fonendocopio, lo strumento più usato al mondo dagli operatori sanitari è contaminato quanto lo sono le mani, ma, purtroppo, raramente soggetto a disinfezione. Il punto di partenza da cui siano dunque partiti è stato fornire una soluzione all’uso sicuro dello stetoscopio. Il percorso è stato lungo, ci si poterebbe scrivere un libro! Se dovessi sintetizzare dall’alfa all’omega direi che siamo partiti dalla ricerca della letteratura, non solo medica, fino ad arrivare ad avere il prodotto in vetrina.
Ci spieghi qualcosa di più su Stet Clean.
Stet Clean è un sistema doppiamente innovativo, infatti, oltre ad essere il primo prodotto al mondo nel suo genere, motivo per cui è stato premiato al congresso mondiale della International Ultraviolet Association nel 2016 a Vancover, usa LED ultravioletti di lunghezza d’onda UV-C, frontiera avanzata della tecnologia LED, per attuare la disinfezione. È stata una scommessa. Una scommessa nata da una ricerca in ambito accademico ma che nel lungo percorso ha visto coinvolta anche un’Azienda Aretina, Light Progress, che ha creduto e scommesso con noi nell’innovazione proposta. La realizzazione del principio che muove la nostra impresa è trasformare la ricerca in qualche cosa di pratico, utile, concreto. Da Stet Clean, versione ‘portatile’ del dispositivo, è poi nato, questo agosto, Stet Cube, il primo dispositivo, con tecnologia UVC LED, da scrivania, per la disinfezione dello stetoscopio. Cerchiamo di migliorare e sviluppare la nostra idea per ottimizzarla al massimo secondo le diverse necessità.
MIT4LS. Avete già partecipato a questo appuntamento?
Sì, abbiamo partecipato nel 2014 a Firenze, poi Light progress, che è la società con la quale collaboriamo e si occupa da oltre 20 anni di progettazione e di apparecchiature a raggi UV-C, ha partecipato anche all'edizione milanese. Per noi sono state esperienze positive dalle quali sono nate collaborazioni importati: con AV Consulting società che opera nel mondo del design industriale e della progettazione di nuovi prodotti, con l’incubatore M31 Italia. Sono solo alcuni esempi, poi ci sono stati molti incontri con potenziali investitori. MIT contribuisce a creare un networking generale, che è positivo. È stato molto utile essere presenti alle prime edizioni, così come è stato utile per me andare in molti altri eventi di questo tipo in giro per il mondo. Esperienze che hanno ampliato le mie conoscenze anche rispetto all’approccio culturale al mercato, alla ricerca e all’impresa in altri Paesi.
Cosa suggeriste per ottimizzare la presenza al MIT e quale consiglio ti senti di dare per migliorarlo?
Come prima cosa suggerirei di andare al MIT. Poi, se c’è l’opportunità, di partecipare anche ad altri appuntamenti. Molto, comunque, dipende dal singolo e dalla “maturità” acquisita nel tempo. Oggi, in virtù delle esperienze avute, rifarei questo percorso in maniera un po’ diversa. Le esigenze cambiano, ma cambiano anche le prospettive e l’approccio. Per il MIT credo sia importante sprovincializzarlo sempre di più e lo dico in senso positivo, cioè di arricchirlo ancora di più con soggetti che provengano dall’estero. Vanno allargati i confini creando un networking che agganci il mondo. Sarebbe importante, sempre in un’ottica più globale concentrarsi su un unico evento che racchiuda almeno il 90 per centro dei protagonisti del settore piuttosto che dar vita a una serie di piccoli appuntamenti un po’ troppo fini a sé stessi.
Per approfondire:
- Meet in Italy for Life Sciences
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