“Avevamo la luna davanti agli occhi, ma continuavamo a osservare il dito. Ora siamo riusciti a trovare la chiave di un meccanismo che potrebbe aprire una nuova strada alla prevenzione dell’insorgenza dell’aterosclerosi “. Vincenzo Lionetti, professore di anestesiologia e coordinatore del Laboratorio di Medicina Critica Traslazionale (Trancrilab) dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, racconta così l’importante studio pubblicato su Scientific Report di Nature, grazie al quale potrebbero essere messe in campo nuove strategie di protezione dall’aterosclerosi, la principale causa di eventi cardiovascolari ischemici acuti nel cuore come in altri organi.
Dallo studio risulta come silenziando una proteina nota come il “fattore di von Willebrand”, sia possibile rendere l’endotelio incapace di generare stress ossidativo e quindi proteggere tanto il cuore quanto altri organi dalla disfunzione endoteliale, primo passo verso l’aterosclerosi. Questa scoperta apre le porte verso una terapia genica, dosabile come farmaco che, secondo i ricercatori di Pisa, può contribuire a prevenire il danno d’organo e a proteggerci dall’aterosclerosi. Lo studio ha potuto contare sulla collaborazione dei ricercatori del Trancrilab della Scuola Superiore Sant’Anna, in particolare le dottoresse Anar Dushpanova e Silvia Agostini, e quelli di altre due istituzioni pisane: l’ Istituto di Fisiologia Clinica del CNR e la Fondazione Toscana G. Monasterio.
“E’ un progetto interamente made in Italy, con la Toscana che gioca un ruolo da assoluta protagonista. Uno studio portato avanti da un gruppo formato da sei donne su un totale di dieci persone. Professionisti che hanno lavorato pur avendo sulla testa la spada di Damocle della precarietà. Spero che arrivino i finanziamenti necessari per proseguire questo percorso”.
“Il fattore di von Willebrand – spiega Lionetti – era un fenomeno noto fin dal 1978, ma poi dimenticato. Maiali affetti dalla malattia di ‘von Willebrand’, che colpisce anche l’uomo, con assenti o ridotti livelli di questo fattore, erano protetti dalla disfunzione endoteliale post-ischemica e dall’aterosclerosi. Oggi siamo riusciti a ricostruire perché il meccanismo di questa proteina era così importante. La disfunzione endoteliale risulta caratterizzata da un’aumentata produzione di endotelina-1, potente vasocostrittore, da una riduzione della biodisponibilità di ossido nitrico, gas vasodilatatore, nonché da un aumento dell’attività pro-coagulante e dello stress ossidativo. I sintomi di un endotelio malato sono secondari all’esposizione prolungata allo stress ossidativo. Qualora si riuscisse a trovare un modo per ridurre le fonti endogene di stress ossidativo, piuttosto che continuare a sviluppare terapie a base di sostanze antiossidanti, si potrebbe aprire una nuova strada alla prevenzione dell’insorgenza dell’aterosclerosi nella popolazione generale”.
“Prevenire l’aumento di sintesi endoteliale del fattore di ‘von Willebrand’ – afferma Lionetti - , rende la cellula endoteliale incapace di generare stress ossidativo e, quindi, endotelina-1, anche se stimolata a farlo. E’ stato sorprendente osservare con i miei ricercatori che il fattore di ‘von Willebrand’ è essenziale nel determinare l’attivazione della NADPH ossidasi, principale sorgente endogena di anione superossido, ad oggi orfana di efficaci inibitori farmacologici. La conoscenza di questo meccanismo, che ben si modula mediante silenziamento genico, ci ha aiutato a mettere a punto le basi di una terapia genica, dosabile come un farmaco, per prevenire la disfunzione endoteliale da esposizione prolungata ad agenti tossici endogeni, come l’angiotensina II”.
Fonti: Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa; Ansa
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