Per stare in salute ci vuole un fiore (da mangiare)
02/09/16
Lo studio dei ricercatori dell’Università di Pisa sulle proprietà antiossidanti di 12 specie di fiori edibili pubblicato sulla rivista Scientia Horticulturae
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Lo studio dei ricercatori dell’Università di Pisa sulle proprietà antiossidanti di 12 specie di fiori edibili pubblicato sulla rivista Scientia Horticulturae
Fiori belli e buoni da mangiare, che al sapore somigliano alla carota o al ravanello e che fanno anche bene alla salute perché ricchissimi di antiossidanti. E’ questo quanto è emerso da uno studio di un gruppo di ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell'Università di Pisa pubblicato sulla rivista Scientia Horticulturae.
La ricerca è partita dal lavoro di tesi di Elisa Bortolotti, autrice dell’articolo insieme ai dottori Stefano Benvenuti e Rita Maggini, e ha preso in esame dodici specie comunemente utilizzate solo come piante ornamentali, dalla viola, alla petunia, alla fucsia.
Come rivelato dalle analisi svolte nei laboratori della sezione di Orticoltura e Floricoltura diretti dal professore Alberto Pardossi, il potere antiossidante dei fiori è risultato significativamente superiore a quello dei comuni ortaggi da foglia e, a eccezione dei bassi valori misurati nella boraggine (solo 0,5 mmol FeSO4 /100 g di peso fresco), variava da 3,6 della calendula al 70,4 del tagete.
“Parte di questa elevata attività antiossidante è dovuta all’alto contenuto di antociani, almeno nel caso dei fiori con colorazioni rosso o blu – hanno spiegato i ricercatori – e infatti le migliori proprietà nutraceutiche sono presenti nei fiori più pigmentati”.
Ma oltre a rivelare le proprietà nutraceutiche, lo studio ha cercato di valutare anche l’appetibilità dei fiori attraverso dei test di assaggio. A parte alcuni fiori non graditi soprattutto per l’eccessiva consistenza come ad esempio la fucsia, la maggior parte sono stati apprezzati, come ad esempio il nasturzio il cui gusto ricorda il ravanello, la begonia che richiama il limone o l’ageratum che sa di carota.
“Superata una certa diffidenza iniziale rispetto a questo ‘strano cibo’, spesso i fiori ricordano sapori speziati, acidi talvolta simili ai comuni ortaggi ma con una consistenza e palatabilità diversa, più soffice e profumata – concludono i ricercatori - e certamente sebbene non possono certamente diventare un alimento base della nostra dieta essi costituiscono una importante opportunità in termini di sapori e salute”.
Fonte: Ufficio stampa e comunicazione Università di Pisa
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