Tutte le sfide della diagnostica biofotonica
27/06/17
filtra per Biotech&Pharma Medical Device ICT Nutraceutica Sanità
È la biofotonica il terreno di studio e lavoro del gruppo guidato da Francesco Baldini e che opera presso l’Istituto di fisica applicata "Nello Carrara" (IFAC) del CNR, a Sesto Fiorentino.
Abbiamo intervistato il dottor Baldini per parlare dei progetti “in cantiere” e di quelli che hanno già ottenuto risultati importanti.
Progettazione e sviluppo di sensori ottici per la rilevazione di parametri chimici e biochimici; sviluppo di una piattaforma point of care (POCT) per la misura di immunosoppressori in pazienti trapiantati e di una per la misura di biomarcatori della sepsi in pazienti in terapia intensiva, progettazione e sviluppo di sonde fluorescenti che permettono di monitorare ciò che avviene all’interno di una cellula. È la biofotonica il terreno di studio e lavoro del gruppo guidato da Francesco Baldini e che opera presso l’Istituto di fisica applicata "Nello Carrara" (IFAC) del CNR, a Sesto Fiorentino. Abbiamo intervistato il dottor Baldini per parlare dei progetti “in cantiere” e di quelli che hanno già ottenuto risultati importanti.
Come spiegherebbe, in poche parole, qual è il lavoro che svolge il vostro gruppo e in che settori specifici siete impegnati?
Il gruppo nasce agli inizi degli anni Novanta ed è cresciuto e maturato nel corso degli anni occupandosi fin da subito della rivelazione mediante metodologie ottiche di parametri sia di interesse biomedicale che ambientale. Negli ultimi dieci/quindici anni l’attività del gruppo si è focalizzata soprattutto sulle applicazioni mediche. Diagnostica biofotonica è l’espressione che meglio definisce l’aspetto operativo del gruppo, che è principalmente focalizzato sullo sviluppo di dispositivi in grado di misurare parametri di interesse clinico spesso essenziali ai medici per la formulazione di una corretta diagnosi. Uno degli aspetti peculiari del gruppo è costituito dal fatto che l’attività non si limita alla “proof of concept” del sensore/dispositivo ma spesso prosegue nella caratterizzazione, verifica e validazione in ambiente clinico. Essenziale in questo caso è da una parte il continuo contatto con i medici che diventano i principali referenti della nostra attività, e, dall’altra, l’avere sempre in mente, nella progettazione e nello sviluppo del sensore quelli che sono i requisiti che devono essere soddisfatti per una sua reale utilizzazione in ambiente clinico. Emblematico è il caso del sensore di reflusso biliare nell’apparato gastroesofageo, ideato, brevettato e sviluppato agli inizi degli anni Novanta sulla base di richieste specifiche provenienti dal gruppo del Prof.Paolo Bechi dell’allora Clinica Chirurgica 3 dell’Università di Firenze e validato clinicamente in stretta collaborazione con i medici: il gruppo, curando in prima persona il trasferimento del know-how alla ditta fiorentina Cecchi srl, ha consentito la realizzazione di uno strumento commerciale distribuito per molti anni dalla multinazionale Medtronic e attualmente presente sul mercato commercializzato da EBNeuro. L’attenzione in questi ultimi anni si è concentrata sullo sviluppo dei cosiddetti dispositivi Point of Care Testing” (POCT) (letteralmente test vicino al punto di cura), dispositivi cioè in grado di effettuare vicino al letto del paziente misure veloci ed affidabili di parametri clinici tali da permettere la formulazione di una diagnosi rapida e affidabile e/o la scelta della terapia più idonea, evitando di ricorrere alle analisi di laboratori centralizzati e di attendere alcune ore e talvolta un’intera giornata per ottenere i risultati, un’attesa che si può spesso rivelare esiziale per una pronta guarigione del paziente.
La multidisciplinarità è uno degli elementi che vi caratterizza. Quali sono le professionalità impegnate nei vari progetti?
Il nostro è un gruppo attualmente di sette persone che comprende due fisici, due laureati in chimica e tecnologie farmaceutiche, due ingegneri e una chimica ed è affiancato spesso per periodi di tempo più o meno lunghi, generalmente qualche mese, da ricercatori provenienti sia da paesi della Comunità europea che da fuori Europa. Questa caratteristica garantisce al gruppo di poter affrontare con le giuste competenze tutte le problematiche estremamente multidisciplinari che sono alla base della progettazione, sviluppo e caratterizzazione di sensori e piattaforme sensoristiche di tipo ottico per la rivelazione di parametri chimici e biochimici.
Uno dei fronti sui quali siete stati più impegnati è Nanodem, il progetto europeo per lo sviluppo di una piattaforma POCT per la misurazione di immunosoppressori in pazienti trapiantati. Qual era l’obiettivo del vostro lavoro e quali i risultati ottenuti?
Il progetto europeo Nanodem, da noi coordinato e costituito da un consorzio di nove partner provenienti da Germania, Regno Unito, Spagna e Portogallo, si è concluso a dicembre dello scorso anno; il progetto aveva come obiettivo la realizzazione di una piattaforma ottica in grado di misurare a fianco del letto del paziente e il più rapidamente possibile la concentrazione degli immunosoppressori somministrati nelle ore immediatamente successive al trapianto. In questa classe di pazienti uno degli aspetti più critici è il corretto dosaggio di tali farmaci, che hanno il delicato compito di evitare le crisi di rigetto dell’organo trapiantato, mediante una parziale inibizione della risposta del sistema immunitario. Se da una parte l’abbassamento delle nostre difese immunitarie è necessario perché il nostro organismo accetti un organo esterno, una eccessiva somministrazione di tali farmaci può avere pesanti effetti collaterali tali da mettere a serio rischio la vita del paziente; è stato inoltre dimostrato che la finestra di dosaggio di tali farmaci è estremamente stretta e varia da paziente a paziente. Attualmente il protocollo seguito si basa sulla misura della concentrazione degli immunosoppressori immediatamente prima di una loro somministrazione (generalmente effettuata ogni ora) mediante il prelievo e l’invio del campione presso un laboratorio centralizzato. La possibilità di effettuare una rilevazione più frequente, utilizzando una strumentazione vicino al letto del paziente, rappresenterebbe un notevole passo in avanti fornendo un aiuto estremamente importante per l’individuazione in tempi rapidi della corretta terapia.
Come funzionerà in concreto la piattaforma che avete sviluppato?
La piattaforma sviluppata nell’ambito del progetto e attualmente in fase di ulteriore sperimentazione consentirà la misura singola o combinata di tre degli immunosoppressori più utilizzati nei pazienti trapiantati: ciclosporina, tacrolimus e acido micofenolico. Tale piattaforma utilizza un catetere da microdialisi intravascolare, in grado di estrarre continuamente un campione biologico dializzato contente la frazione libera degli immunosoppressori circolanti nel sangue. Questo campione viene quindi inviato alla piattaforma ottica all’interno della quale si trova un chip a dieci microcanali: su ognuno dei microcanali è realizzato un strato sensibile che permette di determinare la concentrazione del particolare immunosoppressore mediante un saggio di tipo immunochimico utilizzante anticorpi come elementi di riconoscimento molecolare. Più specificatamente gli anticorpi vengono immobilizzati sulla superficie di nanoparticelle con proprietà sia fluorescenti che magnetiche, che sono quindi in grado di legarsi o con l’immunosoppressore presente nel campione biologico o con lo strato sensibile opportunamente realizzato; la caratteristica fluorescente delle nanoparticelle consente di associare al segnale di fluorescenza rilevato dalla piattaforma la concentrazione degli immunosoppressori, mentre il fatto che le nanoparticelle abbiano anche proprietà magnetiche consente di velocizzare la preconcentrazione delle nanoparticelle in prossimità dello strato sensibile, facilitandone quindi l’interazione e diminuendo il tempo necessario per effettuarTAGS: ehealth, medical devices, pharma, dispositivi medici, CNR IFAC, baldini, articoloblog
Lascia un commento