#NUTRACEUTICA. Dai cereali della Val d’Orcia arriva la birra che fa bene alle ossa
27/04/15
Il progetto Beerbone studierà gli effetti del silicio della birra della Val d’Orcia per il trattamento dell’osteoporosi e dell’osteoartrosi.
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Il progetto Beerbone studierà gli effetti del silicio della birra della Val d’Orcia per il trattamento dell’osteoporosi e dell’osteoartrosi.
La birra che fa bene alle ossa potrebbe essere presto realtà. Beerbone - uno dei quattordici progetti di ricerca vincitori del Bando regionale sulla nutraceutica che andranno ad Expo 2015 - si propone infatti di valutare gli effetti benefici del silicio contenuto nelle birre prodotte in Val d’Orcia nella prevenzione e nel trattamento di patologie osteoarticolari. Oltre alla piacevolezza e al carattere conviviale, la birra contenente una percentuale ottimale di silicio potrebbe dunque presentarsi come un nuovo trattamento per chi soffre di osteoporosi, osteoartrosi o di condizioni di malnutrizione, tutte patologie legate a processi degenerativi tipici degli anziani. Di Beerbone e degli obiettivi della ricerca abbiamo parlato con la coordinatrice del progetto, la Prof. Annalisa Santucci del Dipartimento di Biotecnologie, Chimica e Farmacia dell’Università di Siena.
Birra e silicio, un legame già noto?
Partiamo da due dati: il primo è che il silicio, autorizzato come integratore alimentare, è essenziale per il metabolismo del tessuto connettivo ed osseo. Il secondo ci dice che la birra è, in assoluto, l’alimento che maggiormente contribuisce all’assunzione del silicio nella dieta, in quanto principale fonte di acido ortosilicico, la forma prontamente biodisponibile e bioassorbibile a livello gastro-intestinale. Detto questo, aggiungo che esistevano giù due grandi studi epidemiologici sulle proprietà nutraceutiche del silicio per il trattamento dell’osteoporosi e dell’osteoartrosi: uno statunitense, del National Institutes of Health (NIH), e uno europeo, realizzato in Inghilterra. Entrambi hanno positivamente associato l’assunzione di silicio con la densità ossea, ma non hanno attestato tra i due una relazione causa-effetto. E questo perché non sono andati a indagare il meccanismo di azione del silicio a livello molecolare.
Il vostro progetto si inserisce dunque in questa “nicchia” di ricerca?
Esatto, quello che faremo è andare a valutare su modelli cellulari umani gli effetti benefici del silicio contenuto nelle birre prodotte dal Birrificio San Quirico. Il nostro gruppo di ricerca ha una lunga esperienza sulla fisiopatologia delle malattie reumatiche a livello molecolare e possiede una biobanca esclusiva di cellule da patologie osteoarticolari. Si tratta di cellule primarie, ovvero non trasformate e quindi molto più vicine a quelle dell’individuo “normale”. Cellule umane perché, rispetto alle malattie reumatiche, le cellule di roditori danno risposte diverse, se non opposte. Con la nostra ricerca proveremo a capire qual è l’azione del silicio contenuto nella birra sulle cellule umane osteoarticolari (per esempio della cartilagine) e come cambia il repertorio proteico.
Tutte le birre hanno lo stesso contenuto di silicio?
Il contenuto nel prodotto finito dipende da due fattori: la quantità di minerale presente nel cereale con cui viene prodotta la birra e il procedimento di birrificazione. Sappiamo già che le birre chiare sono più ricche di silicio di quelle scure, così come sappiamo che MTL Toscana Srl (Birrificio San Quirico) produce birre ad alto contenuto di silicio dai risultati dell’analisi effettuata da Isvea Srl, il terzo partner del progetto.
Resta quindi da individuare la dose “perfetta” di silicio nella birra
La determinazione della dose ottimale di acido ortosilicico con cui addizionare la nostra “birra speciale” è l’obiettivo finale del progetto. Lavorando su cellule umane non trasformate, tra l’altro, saremmo nelle condizioni di base per cui, se da questo progetto uscissero risultati positivi, potremmo andare rapidamente a condurre dei trial sui pazienti. Beerbone potrebbe proporsi come progetto pilota garantendo delle ricadute concrete sia a livello scientifico, che economico/industriale. Secondo l’OMS le malattie reumatiche sono la prima causa di dolore e disabilità in Europa e da sole rappresentano la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di età superiore ai 65 anni. Da questi dati si evince quanto potrebbe essere interessante andare ad approfondire questi aspetti anche dal punto di vista sanitario. Aggiungo che è stato dimostrato il ruolo della birra anche come agente preventivo e terapeutico dell’Alzheimer e di altre patologie neuro degenerative. Un altro universo di ricerca da indagare.
Se la birra che fa bene alle ossa sarà prodotta con i cereali della Val d’Orcia potrebbe essere anche una occasione di valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti?
Sappiamo già che la presenza di silicio dipende dalla distribuzione biogeografica delle piante. Quello che non sappiamo, ma che potrebbe essere oggetto di un altro progetto di ricerca, è se i cereali della Val d’Orcia hanno una percentuale maggiore di silicio rispetto a quelli prodotti in altre zone vocate. In quel caso ne potrebbe venir fuori un prodotto veramente legato al territorio. Per adesso ci preme chiarire il meccanismo d’azione del silicio, finora sconosciuto, e il contenuto che serve affinché la birra risulti efficace nel trattamento e/o nella prevenzione delle patologie osteoarticolari. Altri Paesi, dove il consumo di birra è ancora più radicato nella cultura alimentare, potrebbero essere interessati all’esito della nostra sperimentazione.
Una prerogativa del bando regionale era quella di lavorare con le imprese, come sta andando?
Nel Birrificio San Quirico abbiamo trovato un partner con una forte sensibilità verso la sperimentazione scientifica e le opportunità che essa può offrire, in Isvea la garanzia di servizi analitici e tecnologie per il dosaggio di elementi e metaboliti in campioni complessi. Ne sta venendo fuori una positiva collaborazione, che potrebbe portare in tempi rapidi a un prodotto spendibile sul mercato. Per esempio una doppia linea di birre, sia nella versione alcolica che analcolica. Escludo l’ipotesi di creare un integratore con estratti di birra, per mantenere l’aspetto di socialità e convivialità tipico della bevanda.
Con Expo alle porte una domanda è d’obbligo. Che opportunità vede nel più grande evento mai realizzato sui temi dell’alimentazione e della nutrizione?
Per la Regione Toscana può essere un’ottima occasione per far vedere lo sforzo compiuto sul fronte del sostegno alla ricerca. In generale, credo sia giusto e utile dare visibilità ricerca italiana, che in alcuni settori è di eccellente livello: i nostri ricercatori sono preparati, hanno una conoscenza di base maggiore, passano un numero maggiore di ore in laboratorio. Anche per un progetto come il nostro, che ha al centro un prodotto artigianale e molto più comune all’estero che Italia, la vetrina di Expo potrebbe essere molto interessante.
Cosa si aspetta/vorrebbe dalla Regione o comunque da finanziatori pubblici a sostegno della ricerca?
Il sostegno alla ricerca è fondamentale, ma è necessario anche far fruttare i risultati che ne derivano. E questo anche per mettere a valore gli investimenti fatti dai soggetti pubblici. Nello specifico del Bando Nutraceutica, ritengo utile che venga fatta una verifica sui risultati: cosa è stato fatto, quanto è stato pubblicato, cosa è stato realizzato rispetto al finanziamento ottenuto. Un controllo puntuale a uno-due anni dal termine del biennio, non è soltanto una verifica dovuta quando si tratta di risorse pubbliche, ma anche un modo per dare una prospettiva ai progetti di ricerca, sia nel caso di uno sviluppo di mercato, che in termini di valore scientifico.
Redazione Meet the Life Sciences
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