CardioMiRSanTo, così si chiama il progetto finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito del Bando Nutraceutica, propone un approccio transdisciplinare che coinvolge genetica, fisiologia, biochimica, biologia molecolare e medicina cardiovascolare, per andare a caratterizzare e valorizzare le proprietà cardioprotettive su base epigenetica del succo d’uva derivato da Sangiovese. Come e perché ce lo spiega Mario Enrico Pè, direttore dell’ISV e responsabile scientifico del progetto.
Partiamo inquadrando il contesto, quanto è diffuso lo scompenso cardiaco cronico e quanto è importante la prevenzione?
Lo scompenso cardiaco cronico che insorge dopo un infarto è drammaticamente in aumento in tutto il mondo e ad oggi non esistono approcci efficaci a prevenirlo. Nonostante il crescente utilizzo di farmaci e dispositivi medici abbiano migliorato la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti, le recidive sono all’ordine del giorno. La prevenzione, in questo contesto, diventa molto importante. Nel nostro caso, potrebbe arrivare sotto forma di succo d’uva assunto all’interno dell’alimentazione quotidiana. Il Sangiovese, infatti, è un vitigno le cui bacche sono ricche di microRNA utili a prevenire lo scompenso cardiaco cronico in chi ha subito un infarto. Il resto è da dimostrare.
Ci spieghi meglio
Le proprietà cardioprotettive delle bacche di Sangiovese toscano sono già note. Io sono un genetista delle piante e con gli altri colleghi dell’ISV studiamo da anni i microRNA e le funzioni regolatorie di queste molecole. L’input al progetto, però, è arrivato nel 2012, quando sono stati pubblicati i risultati di una ricerca cinese che ha dimostrato la sopravvivenza dei microRNA di riso al processo digestivo umano. Queste piccole molecole di RNA (20-22 nucleotidi rispetto alle migliaia di nucleotidi degli RNA messaggeri che portano l’informazione per la sintesi delle proteine) svolgono importanti funzioni di regolazione genica nell’organismo che li produce, bloccando o riducendo la sintesi di specifiche proteine. Lo studio cinese ha dimostrato che, assorbiti attraverso l’alimentazione, i microRNA di riso non solo erano presenti nel circolo sanguigno ma, cosa affascinante, potevano esercitare una funzione di regolazione anche di geni umani. Il meccanismo di regolazione si esplica attraverso un’interazione molecolare tra il microRNA e RNA messaggeri bersaglio. Questi meccanismi sono presenti nelle piante, negli animali e nell’uomo e con qualche variante la modalità di regolazione genica è conservata.
Avete dunque fatto un’inferenza: se vengono assorbiti i microRNA di riso, vediamo che succede con quelli contenuti nelle bacche d’uva di Sangiovese.
Per adesso si tratta a tutti gli effetti di un’ipotesi di ricerca, ma i risultati dello studio cinese e i documentati effetti positivi dell’assunzione moderata di vino rosso ci fanno pensare che non sia un’ipotesi irragionevole. Insieme al gruppo dell’area medica dell’ISV, coordinato dal professor Vincenzo Lionetti, siamo partiti da un esperimento pilota di estrazione di microRNA da acini di uva, che poi abbiamo somministrato a cellule umane coltivate in vitro, in particolare a cardiomiociti, cellule muscolari del cuore, e a una linea cellulare dell’endotelio, il rivestimento interno dei vasi che è a diretto contatto del flusso sanguigno. Il risultato è che sulle cellule più attive, ovvero quelle endoteliali, il trattamento ha aumento la sopravvivenza delle cellule e la loro proliferazione in vitro.
Da qui al succo di vite il percorso sembra lungo. Quali sono le fasi del progetto?
L’idea è di continuare le verifiche sulle linee cellulari, calibrando bene la dose. Se i dati postivi sulla sopravvivenza cellulare saranno confermati passeremo al modello animale, alimentando gruppi di topolini con le bacche di vite, per poi andare a verificare se nel loro flusso sanguigno sono rintracciabili miRNA di vite. Già questo sarebbe un grande risultato, perché non è stato mai dimostrato. Il passaggio successivo della sperimentazione in vivo sarà verificare gli effetti sullo scompenso cardiaco di una dieta arricchita da estratto di vite. Infine, coinvolgeremo la Fondazione “G. Monasterio” per sviluppare un protocollo di analisi clinica in soggetti affetti da scompenso cardiaco cronico.
A che punto siete e quali sono gli obiettivi?
La caratterizzazione delle molecole presenti nelle bacche l’abbiamo già fatta, permettendoci di valutare le variazioni miRNoma in funzione dello stadio di maturazione dell’uva. In questo momento stiamo lavorando alla parte biochimico-analitica, per poi passare a quella preclinica. Il progetto avrà una durata complessiva di 24 mesi, al termine dei quali vorremmo verificare su un gruppo di soggetti sottoposti ad angioplastica dopo infarto acuto del miocardio, gli effetti anti-scompenso di una dieta integrata con il succo d’uva. L’obiettivo finale, ovviamente, è quello di arrivare a sviluppare un vero e proprio prodotto: un nettare d’uva funzionale prodotto da bacche mature di Sangiovese. Il nostro partner di impresa è la Fattoria Viticcio, una azienda toscana di Greve in Chianti specializzata nella coltura, produzione e trasformazione di uve toscane.
Il binomio cibo-salute, anche sulla scia di Expo, sembra trovare oggi nuova attenzione.
Il nostro progetto rientra pienamente in uno degli obiettivi di Expo2015, quello di sostenere il consumo e la distribuzione di nuovi alimenti nell’ottica della sostenibilità ambientale e del miglioramento della salute pubblica. CardioMiRSanTo, in questo senso, è davvero “nutraceutico”, perché c’è l’aspetto di valorizzazione del prodotto locale in sé e quello relativo all’approfondimento delle sue proprietà salutistico-nutrizionali. In questo progetto ci crediamo molto e la Regione Toscana ha fatto un’ottima scelta a scommetterci. Expo ha una grande eco mediatica, ma qui parliamo di risorse concrete al servizio della ricerca nel settore. Ritengo anche che la possibilità di presentare il progetto al Fuori Expo della Toscana sia una grande opportunità di divulgazione e promozione, del progetto e del prodotto a cui contiamo di poter arrivare, un succo d’uva monovitigno di Sangiovese che fa bene al cuore.
Cosa si aspetta dalla Regione Toscana o comunque da finanziatori pubblici a sostegno della ricerca?
Siamo molto grati alla Regione dell’opportunità offerta attraverso un bando che unisce la tradizione agroalimentare della Toscana ad approcci innovativi di ricerca. Non sono molte le Regioni con una visione così lungimirante, in una situazione italiana in cui il sostegno alla ricerca pubblica se non scomparso si è drasticamente ridotto. Il messaggio che mi sento di lanciare, una sorta di raccomandazione, riguarda la valutazione post. È fondamentale che al termine dei due anni di progetto ci sia una fase valutativa, affidata a soggetti esterni, che metta la Regione in grado di stimare i risultati raggiunti e di scegliere su quali progetti di ricerca continuare a investire.
Redazione Meet the Life Sciences
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