L’immunoncologia parla italiano. Il nostro Paese ha guidato i più importanti studi clinici con questa nuova arma e Siena è la capofila a livello mondiale. In dieci anni nella città toscana più di 700 pazienti sono stati trattati con queste terapie innovative che stimolano il sistema immunitario a combattere il cancro. Il melanoma ha rappresentato l’apripista in sperimentazioni che si sono poi allargate a molti tipi di tumore, da quelli del polmone, del rene, della prostata, del colon-retto e del cervello, fino al mesotelioma e ad altre neoplasie rare.
L’Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, diretta da Michele Maio, è tra i primi centri al mondo per numero di patologie trattate con questo nuovo approccio. Proprio la città toscana ha ospitato il XIII Congresso NIBIT (Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori) con la partecipazione dei più importanti esperti a livello internazionale. “Il nostro centro è nato dieci anni fa – spiega Maio, che è anche presidente del NIBIT e della Fondazione NIBIT - All’inizio poteva sembrare una sfida. Oggi l’immunoncologia si è affermata come la quarta arma disponibile per sconfiggere il cancro, in grado di generare grandi benefici sia nei tumori solidi che in quelli ematologici. Il primo farmaco immunoncologico approvato, ipilimumab, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza a lungo termine nel melanoma in fase avanzata: nel 20% dei pazienti la malattia si ferma o scompare del tutto, e aumenta la sopravvivenza a lungo termine. In questo tumore della pelle è ormai possibile evitare la chemioterapia.
Un passaggio che avverrà a breve anche nel tumore del polmone, con importanti vantaggi per i pazienti perché oggi, uno su cinque trattato con un nuovo farmaco immunoncologico, nivolumab, è vivo a tre anni. Siamo di fronte a un risultato straordinario in una delle patologie a maggiore impatto, con 41 mila nuove diagnosi stimate in Italia nel 2015”. Inoltre l’utilizzo delle tecniche di genomica consente oggi di identificare gli antigeni, cioè i bersagli verso cui il paziente può sviluppare una risposta immunologica efficace attivata dagli anticorpi immunomodulanti. “Stiamo assistendo a risultati importanti anche nel tumore del rene – ha aggiunto Giorgio Parmiani, direttore Immuno-Bioterapia del Melanoma e Tumori Solidi della Fondazione San Raffaele - Nivolumab infatti ha dimostrato di ridurre il rischio di mortalità del 27% nelle persone colpite dalla malattia in fase metastatica rispetto alla terapia standard”.
L’utilizzo di queste terapie non comporta necessariamente un incremento dei costi, infatti si stanno indentificando marcatori tumorali per indentificare in anticipo i pazienti in cui i farmaci immuno-oncologici potranno essere efficaci. “Così sarà possibile risparmiare risorse - continua Maio - Ad esempio nel tumore del colon-retto è stata identificata una sottopopolazione di pazienti con specifiche caratteristiche molecolari che rispondono molto bene all’immunoterapia. Il carcinoma del colon-retto finora non è stato considerato un modello di sperimentazione per l’immunoterapia perché ritenuto poco immunogenico ma oggi i dati preliminari stanno evidenziando risultati importanti in determinate categorie di pazienti. Gli studi di fase I sono fondamentali per implementare questo tipo di conoscenze. Uno degli obiettivi del NIBIT è proprio quello di promuovere sperimentazioni pre-cliniche e cliniche in grado di portare risultati immediati al letto del paziente”.
Il NIBIT riunisce in rete le più importanti strutture italiane, circa 50, che si occupano di bioterapia dei tumori. Da una costola del network è nata nel 2012 la Fondazione NIBIT. “Questo ente – conclude Maio – vuole sviluppare studi spontanei, con finalità non commerciali, su alcune patologie ‘di nicchia’. Partendo dai dati generati dal nostro centro a Siena nel corso di sperimentazioni spontanee sono nati studi registrativi internazionali ad esempio nel mesotelioma, per il quale la prossima settimana partirà a Siena uno studio clinico molto innovativo”.
FONTE: Ufficio stampa AOU Senese
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