Tumore al pancreas, nuovi strumenti di ricerca per terapie più efficaci
06/11/15
Intervista alla dottoressa Elisa Giovannetti, ricercatrice pisana e vincitrice di uno Start-Up grant di AIRC
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Intervista alla dottoressa Elisa Giovannetti, ricercatrice pisana e vincitrice di uno Start-Up grant di AIRC
Elisa Giovannetti fa la ricercatrice e studia i meccanismi con cui agiscono i farmaci antitumorali, cercando terapie più efficaci per combattere il cancro del pancreas. Dal Cancer Center di Amsterdam, dove ha svolto attività di ricerca grazie anche ad una borsa di studio “Marie Curie”, la dottoressa Giovannetti prova a candidarsi al grant Start-Up di AIRC, un finanziamento quinquennale per ricercatori sotto i 40 anni che rientrano dall'estero per avviare il proprio laboratorio di ricerca in Italia. Il processo di valutazione è molto competitivo: tra i criteri di selezione delle candidature l’esperienza all’estero, il grado di innovazione del progetto, ma anche la capacità di sviluppare una ricerca indipendente. Elisa Giovannetti vince l’AIRC Start-Up grant nel 2014 e oggi porta avanti il suo lavoro all’interno del laboratorio di ricerca Cancer Pharmacology Lab che ha potuto creare grazie a un finanziamento di 750 mila euro. Risorse preziose, che le danno la possibilità di coprire i costi di ricerca e lo stipendio di due ricercatori che lavorano al progetto. A lei è dedicata la rubrica Innovatori di valore di questo mese.
Per tanti ricercatori che vanno all’estero, lei è riuscita a rientrare in Italia. Lo avrebbe fatto comunque?
Se non avessi vinto un grant come quello di AIRC, che offre grandi opportunità a chi vuole fare ricerca in campo oncologico rientrando in Italia, non sarei tornata. All’estero, in Olanda, mi trovavo già nelle condizioni di svolgere al meglio il mio lavoro, in un ambiente internazionale stimolante e meritocratico. Mi sono candidata perché il grant Start-Up di AIRC mi avrebbe permesso di creare il mio laboratorio, sostenerne i costi, scegliere i migliori collaboratori offrendo loro un’opportunità di lavoro, realizzare la mia ricerca indipendente a casa, vicino alla mia famiglia, sperando di fare qualcosa di buono nel mio paese.
Com’è stato rientrare?
Non facilissimo, principalmente per la complessità e la lentezza della burocrazia. E’ frustrante non vedere riconosciuta la mia qualifica di Professore Associato, ottenuta sia in Italia che in Olanda; per aprire il laboratorio con i fondi del mio grant ho dovuto aspettare un concorso da assegnista di ricerca all’Università di Pisa. Il laboratorio si trova all’Ospedale di Cisanello, dove collaboriamo strettamente con il team di chirurghi diretti dal Professor Ugo Boggi, che rappresenta un’eccellenza nel settore, e gli altrettanto validi oncologi dell’Azienda Ospedaliera Pisana. Con me lavorano il dottor Niccola Funel, biologo molecolare, e la dottoressa Leticia Gonzales León, una bioinformatica che fino ad oggi ha collaborato con noi dalla Spagna e che, notizia di pochi giorni fa, potrà raggiungerci in Italia grazie ad una borsa “Marie Curie”.
Su cosa si concentra la sua ricerca?
Lavoriamo per creare innovativi modelli preclinici (cellulari e murini) che possano portare a nuove ed efficaci terapie personalizzate contro i tumori pancreatici, purtroppo caratterizzati da una prognosi particolarmente sfavorevole. La maggior parte dei pazienti con questo tipo di cancro non è operabile e c’è un’alta chemioresistenza. Per questo è fondamentale concentrare tutte gli sforzi per migliorare la terapia creando modelli il più possibile rappresentativi delle caratteristiche genetiche e patologiche dei tumori pancreatici, per poi utilizzarli per testare l’efficacia dei farmaci antitumorali. La mia ricerca nasce proprio dall’evidenza che molti chemioterapici convenzionali danno risultati che non corrispondono alla pratica clinica perché selezionati a partire da studi su modelli non adeguati.
Come costruite i vostri modelli?
Generalmente nei modelli preclinici si utilizzano linee cellulari commerciali, che derivano dai pazienti ma sono mantenute in coltura per anni. Grazie alla collaborazione con la chirurgia, nel nostro laboratorio abbiamo a disposizione i tessuti dei pazienti che vengono operati; da quei tessuti pancreatici isoliamo le cellule tumorali che facciamo crescere in vitro per tempi molto brevi, così da non alterarne le caratteristiche genetiche. A quel punto iniettiamo le cellule direttamente nel pancreas dei topolini, anziché sotto scapola. Questo passaggio è fondamentale perché ci permette di monitorare direttamente cosa accade nella sede “fisiologica” del tumore grazie a tecniche di luminescenza che abbiamo mutuato dalla collaborazione con un gruppo di neuro oncologi. In pratica, sfruttando delle luciferasi, riusciamo a registrarne la bioluminescenza con una semplice e non costosa CDD camera che ci permette di osservare se il tumore è cresciuto, se viceversa la crescita viene rallentata, se il numero delle metastasi si è ridotto.
In pratica, riuscire a rappresentare più fedelmente le caratteristiche genetiche tumorali significherebbe capire in anticipo come il paziente risponderà al farmaco. La frontiera è la medicina di precisione?
Probabilmente non riusciremo mai ad avere per ogni paziente un proprio “avatar” nel topolino, ma quello che possiamo arrivare a creare sono dei modelli rappresentativi per sottogruppi di pazienti che possono essere trattati in maniera analoga sulla base dell’anomalia genetica che li accomuna. Molti altri gruppi di ricerca nel mondo si muovono in questa direzione, per cui è fondamentale tenere aperte collaborazioni, fare rete, essere costantemente aggiornati sui grandi studi di genetica internazionale. I tumori di fatto sono malattie genetiche, nel senso che presentano aberrazioni nel corredo genetico della cellula neoplastica, e in futuro si tenderà sempre più a non categorizzare il tumore esclusivamente per il tipo di organo, ma per le caratteristiche molecolari. Oggi per fortuna abbiamo a disposizione tante informazioni, la lotta ai tumori ha molte armi in più per essere portata avanti.
Che risultati avete raggiunto, ad oggi?
Ci troviamo nella fase di costruzione di nuovi modelli preclinici, rappresentativi anche della componente delle cellule cancerose staminali, mentre abbiamo già pubblicato dei lavori sui nostri iniziali modelli su Cancer Research e Journal of The National Cancer Institute e altri articoli sono in pubblicazione. Inoltre, anche grazie alla rete di AIRC, collaboriamo a diversi progetti a livello internazionale e portiamo avanti delle ricerche collaterali sul tumore al polmone. Siamo una via di mezzo tra il ricercatore specializzato e il medico che vorrebbe dare il medicinale al paziente; la medicina translazionale è il nostro campo di interesse primario. I primi risultati che abbiamo raggiunto sono incoraggianti e sottolineano che, pur essendo ancora in fase preclinica, siamo sulla giusta strada per affrontare ed aggredire con più efficacia le neoplasie del pancreas.
Il 4 novembre AIRC ha organizzato a Pisa, in collaborazione con l’Università, un incontro divulgativo per parlare di ricerca sul cancro a cui ha partecipato anche lei . Che valore hanno occasioni come questa?
E' stata l'occasione per festeggiare i 50 anni di questa importantissima associazione e l’impegno che porta avanti per finanziare i progetti di ricerca più promettenti in campo oncologico. Mi auguro che la mia esperienza, che ho raccontato nel corso dell’incontro, possa essere un esempio positivo per gli studenti e per tutti coloro che hanno partecipato all’evento. Per fare ricerca ad alto livello e sconfiggere anche le malattie più terribili l’entusiasmo e la determinazione sono fondamentali tanto quanto lo sono i finanziamenti, un sistema basato sul merito e la selezione rigorosa dei prog
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