Verso farmaci più efficaci per combattere le malattie virali
27/04/16
La possibilità concreta di un approccio rivoluzionario per antivirali di nuova generazione dimostrata da uno studio dell’Università di Siena e del CNR
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La possibilità concreta di un approccio rivoluzionario per antivirali di nuova generazione dimostrata da uno studio dell’Università di Siena e del CNR
Un unico farmaco contro tutte le infezioni virali, capace di colpire la proteina che i virus utilizzano per moltiplicarsi. E’ questo l’obiettivo che sarà reso possibile grazie a uno studio condotto in collaborazione tra Università di Siena e il CNR, che ha individuato nuove molecole capaci di inibire la proteina umana DDX3, di cui “si nutrono” i virus. La ricerca, diretta dal professor Maurizio Botta del dipartimento di Biotecnologie, chimica e farmacia dell’Università di Siena e dal professor Giovanni Maga dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia, è appena stata pubblicata dalla prestigiosa rivista americana PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences.
Si tratta di un approccio che indica una vera rivoluzione per le terapie antivirali, in quanto sono state sviluppate molecole che invece di colpire i classici componenti virali, come succede con i farmaci attualmente in commercio, inibiscono una proteina umana, la RNA elicasi DDX3, che i virus utilizzano per infettare la cellula e replicarsi. Forti ed evidenti i vantaggi rispetto all’approccio terapeutico tradizionale: gli inibitori sviluppati sono in grado di essere efficaci contro tutti i virus, anche quelli mutanti, che risultano resistenti ai farmaci ora utilizzati.
Grazie ad un lungo lavoro di ricerca gli studiosi sono riusciti a progettare e sintetizzare la nuova famiglia di composti, che essendo più potenti e selettivi, sono in grado di colpire non solo il virus HIV, ma anche virus caratterizzati da morfologia e meccanismi di replicazione differenti, come quello dell’Epatite C (HCV), della febbre Dengue (DENV), e quello del Nilo Occidentale (WNV), della stessa famiglia del virus Zika.
Dal momento che il target è una proteina umana e non virale, il composto ha pienamente mantenuto il suo profilo di attività contro tutti i ceppi di HIV resistenti alla terapia utilizzata attualmente, come dimostrato dal professor Maurizio Zazzi del dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Siena. Uno studio preliminare in vivo, effettuato in collaborazione col professor Maurizio Sanguinetti, dell’Università Cattolica di Roma, ha dimostrato che il composto non è tossico nei ratti, e che è in grado di biodistribuirsi nei tessuti.
“Il potenziale di questi composti è enorme – ha evidenziato il professor Botta - e potrebbe trovare applicazione nel trattamento dei pazienti immunodepressi che spesso sono soggetti ad altre infezioni virali, come nel caso dei pazienti HIV/HCV coinfetti. Inoltre, l’ampio spettro antivirale che caratterizza i composti potrebbe rappresentare una valida soluzione anche per il trattamento dei nuovi virus emergenti che si stanno diffondendo in maniera sempre più frequente ed estesa col fenomeno della globalizzazione, e per i quali non è spesso nota una cura efficace. Il nostro team sta continuando a lavorare strenuamente per conseguire questo obiettivo, per il quale ci aspettiamo risultati significativi, cioè la messa a punto di una nuova terapia antivirale completamente efficace nel giro di pochi anni”.
“Qualche anno fa – ha spiegato il professor Maga - con il collega Botta avevamo sviluppato un inibitore dell'enzima cellulare DDX3, in grado di bloccare la replicazione del virus HIV. Dato che quella molecola colpiva un bersaglio cellulare, avevamo ipotizzato che potesse essere efficace anche contro i virus mutanti, resistenti ai farmaci anti-HIV utilizzati in terapia. Gli inibitori più potenti che siamo riusciti a creare proseguendo negli studi sono la dimostrazione della validità di quell’ipotesi. Sarà necessario continuare le ricerche per trasformare queste molecole in farmaci, ma possiamo considerare gli inibitori della proteina DDX3 i prototipi di antivirali ad ampio spettro, una classe di farmaci ad oggi non ancora disponibile”.
Lo studio pubblicato è frutto di un lavoro multidisciplinare, che insieme alla componente chimica, ha visto il coinvolgimento anche di una forte componente biologica. Oltre ai gruppi prima citati sono coinvolti il team dei professori Miguel Martinez e Jose Estè (IrsiCaixa, Hospital Universitari Germans Trias i Pujol Universitat Autònoma de Barcelona)e del professor Andreas Meyerhans (Department of Experimental and Health Sciences, Universitat Pompeu Fabra, Barcelona).
Il progetto è stato sviluppato grazie al prezioso supporto della Regione Toscana, che per prima ha creduto in questo lavoro, e della First Health Pharmaceutical B.V. che ne ha sostenuto il successivo sviluppo. Inoltre questa ricerca è stata supportata da una generosa donazione della Fondazione Dario Fo e Franca Rame e da finanziamenti PRIN del MIUR.
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