L’equipe di Chirurgia mini-invasiva e dei trapianti renali diretta dal prof. Sergio Serni, ha portato a termine la procedura di prelievo e trapianto renale utilizzando una sala operatoria chiamata "gemella" perché dotata di due letti e due robot chirurgici, uno per il donatore e l’altro per il ricevente. Il complesso intervento è stato eseguito, oltre che dal professor Serni, dai chirurghi Giampaolo Siena, Graziano Vignolini e Vincenzo Li Marzi dell’Azienda Careggi con l’assistenza di Alberto Breda e Lluis Gausa Gascon della Fundaciò Puigvert di Barcellona. Mentre una prima equipe completava la procedura di prelievo, l’altra a pochi metri di distanza, stava preparando il paziente per ricevere l’organo e quindi completare il trapianto.
L’intera procedura è durata 4 ore grazie alla sovrapposizione delle 3 fasi in cui è stata organizzata la procedura: prelievo del rene, sua preparazione su banco e quindi trapianto. Questo ha consentito di risparmiare un’ora di tempo, riducendo al minimo i minuti in cui il rene non ha ricevuto ossigeno dalla circolazione sanguigna. La fase del prelievo dell'organo da un donatore vivente, che ha compiuto un grande gesto di altruismo, è resa meno invasiva dal robot chirurgico che manovrato dal chirurgo mediante una console, attraverso piccoli fori di 8 millimetri nell’addome del donatore, ha consentito di isolare e tagliare con estrema precisione le vene e le arterie del rene per estrarlo da una piccola incisione di 6 centimetri sopra l’inguine.
La successiva fase di preparazione del rene ha previsto una valutazione delle sue condizioni, quindi è stato avvolto in ghiaccio sterile, fine come la neve e poi rivestito con una garza sterile. Contemporaneamente la seconda equipe, con l’altro sistema robotico, ha preparato il paziente a ricevere l’organo e quindi ha completato l’ultima fase di trapianto.
L’utilizzo del robot nel trapianto renale rappresenta una metodica altamente innovativa che consente di ridurre al minimo i giorni di degenza post-operatoria grazie a una incisione di soli 6 cm, 3 volte più piccola rispetto alla chirurgia tradizionale. Questo permette di ridurre notevolmente il rischio di infezioni della ferita chirurgica nei pazienti da trapiantare che sono spesso diabetici e sottoposti a terapia immunosoppressiva, quindi particolarmente vulnerabili da virus e batteri.
È stato possibile eseguire questo intervento ad alta complessità grazie all’esperienza di oltre 25 anni in trapiantologia renale a Careggi iniziata con il professor Giulio Nicita e all’investimento dell'Azienda nella formazione dei chirurghi sull'utilizzo di tecniche all'avanguardia impiegate nei principali centri internazionali.
Fonte. Ufficio stampa Azienda ospedaliero universitaria Careggi
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