Ecco dove nasceranno i vaccini del futuro
20/03/17
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Intervista a Giovanni Della Cioppa, Responsabile del Centro Globale Ricerca e Sviluppo GSK Vaccines di Siena, dove oltre 500 scienziati lavorano allo sviluppo di nuovi candidati vaccini. Il futuro, nel campo dei vaccini, ha radici in Toscana.
SIENA. Il più ampio portafoglio commerciale, una pipeline di 15 candidati vaccini in sviluppo, primati mondiali nella scoperta di nuovi vaccini tra cui il primo contro la meningite da meningococco B. GSK Vaccines, azienda britannica ai vertici mondiali per ricerca e produzione di vaccini, oggi ancora più forte dopo il big deal con Novartis del 2015, ha in Toscana una presenza di peso: per occupazione, per investimenti, per ruolo nella strategia globale di un’azienda che nel solo 2015 ha investito in ricerca e sviluppo 525 milioni di sterline per mettere a punto nuovi vaccini o migliorare quelli disponibili. Insieme al centro di Wavre/Rixensart, in Belgio, e a quello di Rockville, negli Stati Uniti, inaugurato a dicembre 2016, Siena è uno dei tre hub globali di R&D confermati nella strategia di GSK dopo l’acquisizione del business vaccini dall’azienda farmaceutica svizzera. “Un risultato niente affatto scontato” ci tiene a sottolineare Giovanni Della Cioppa, napoletano di nascita, cosmopolita per professione, oggi a capo del Centro Ricerche e Sviluppo di Siena.
Siena resta saldamente un polo strategico nel network globale GSK. Cosa vi distingue?
Siena e Rosia sono insieme un polo di riconosciuta eccellenza per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di vaccini. Non sempre è stata percepita a sufficienza la portata della scelta del nostro sito come centro globale: un passaggio che ha rappresentato una vittoria straordinaria, una conferma del valore scientifico e operativo raggiunto, un riconoscimento della nostra capacità di implementazione e del rigore dei nostri processi. A Siena lavorano persone provenienti da 49 paesi: un ambiente dinamico, stimolante, internazionale. Un contesto che sa apprezzare la diversità e ti permette di essere uno scienziato. Se così non fosse, non saremmo capaci di attrarre talenti da tutto il mondo. Per un’azienda come la nostra, dove si fa ricerca per creare i vaccini del futuro, la definirei una questione di vita o di morte.
Vuole dire che anche in Italia si può fare ricerca eccellente?
Non è semplice, ma noi siamo la dimostrazione che è possibile farlo ai massimi livelli. Vede, la ricerca è fatta per il 10% da scintilla creativa e per il 90% da implementazione. L’implementazione include capacità di definire le priorità, di scegliere, di valorizzare, di ammettere gli errori e superarli, di esprimere grande rigore e disciplina nella routine quotidiana. Nel nostro campo, parliamo di cicli molto lunghi, dai 20 ai 25 anni, per passare dalla ricerca esplorativa allo sviluppo preclinico, tecnico e clinico, all’accesso in sistemi sanitari diversissimi tra loro. Un nuovo vaccino è il risultato di questo lungo e complesso percorso che richiede grandi investimenti, tecnologie avanzate, professionalità eccellenti. Quello che spesso manca in Italia è proprio questo, una cultura della programmazione a lungo termine, che richiede lungimiranza, pazienza, estremo rigore.
Perché secondo lei?
Per esempio c’è poca abitudine alla ricerca clinica e non c’è abbastanza preparazione su questo fronte. La clinica è la fase più costosa nel processo di ricerca e sviluppo e quella più lunga - un trial di fase 3 può arrivare a costare 50-70 milioni di dollari e durare 5-6 anni. Aumentare il know-how e le infrastrutture di ricerca clinica permetterebbe di beneficiare di tali enormi investimenti e porterebbe grandi ritorni al sistema italiano, sia in termini finanziari che di credibiità scientifica internazionale. Bisognerebbe partire da un cambiamento culturale e da investimenti in formazione. La prima azienda con cui ho lavorato mi ha mandato subito negli Stati Uniti ad imparare e per questo li ringrazierò sempre.
Siena, Wavre, Rockville: come collaborate sui progetti strategici?
Per usare una metafora cara ad Emanuel Hanon, capo di R&D Vaccines in GSK, i nostri tre centri sono come isole dell’arcipelago delle Galapagos: le isole sono sufficientemente lontane da permettere percorsi evolutivi diversi di specie animali simili, ma sufficientemente vicine da permettere scambi tra tali specie. Le specie sono in nostri programmi di ricerca e sviluppo. Ognuno dei tre centri ha un suo pacchetto di candidati vaccini e di piattaforme tecnologiche da sviluppare, ognuno è responsabile del proprio lavoro ma insieme collaboriamo agli obiettivi globali: sviluppare vaccini sempre più innovativi ed efficaci, rispondere a bisogni oggi ancora insoddisfatti. GSK è leader mondiale nella lotta contro la meningite perché sviluppa, produce e distribuisce i vaccini contro i cinque principali sierogruppi di meningococco (A,B,C,W,Y), ma il nostro impegno è molto più esteso. In particolare, a Siena ci stiamo concentrando su due macro obiettivi: il primo, è quello di massimizzare le potenzialità del vaccino per la Neisseria meningitidis (nome scientifico del batterio che provoca l’infezione e che comunemente viene chiamato meningococco, ndr), il secondo, di diversificare, ovvero lavorare su nuove aree di ricerca.
Partiamo dal meningococco, un batterio che in GSK conoscete molto bene.
Alcuni studi osservazionali hanno mostrato che i vaccini utilizzati per la prevenzione della meningite batterica sono efficaci anche per la gonorrea, una patologia a trasmissione sessuale molto diffusa. Anche se non è così devastante come la meningite, la gonorrea ha però un’incidenza molto più significativa (in Europa, 0,5 – 2,5 casi ogni 100 mila abitanti per anno per la meningite, circa 75 per la gonorrea). Si è già osservato che c’è una sovrapposizione genica superiore all’85% tra la Neisseria meningitidis e la Neisseria gonorrhoeae, gli agenti eziologici delle due infezioni. Uno studio osservazionale condotto in Nuova Zelanda suggerisce che persone vaccinate con una delle componenti (chiamata OMV) dell’attuale vaccino contro la meningite B hanno circa il 30 % di possibilità in meno di contrarre la gonorrea. Crediamo di essere sulla strada giusta.
Diversificare significa lavorare su nuove aree di ricerca. Quali?
Principalmente tre: le malattie non infettive, che hanno però una componente infettiva; le infezioni nosocomiali e le infezioni dei neonati. Sul primo ambito ci siamo focalizzati sulla bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), che colpisce soprattutto i forti fumatori. L’incidenza sulla popolazione è enorme: 329 milioni di persone ne sono affette. I pazienti con BPCO non respirano bene e presentano delle frequenti esacerbazioni che spesso sono associate a virus e batteri. L’idea è quella di utilizzare il vaccino - oggi in fase due della clinica - per ridurre il numero, e/o la durata e/o la severità delle esacerbazioni, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti e il declino della malattia.
E poi c’è tutto il fronte della prevenzione di malattie ospedaliere (nosocomiali), con l’antibiotico resistenza in testa. Perché i vaccini oggi guardano non solo ai bambini ma anche ad adulti e anziani.
Sì, siamo interessati alle infezioni nosocomiali, che sono le complicanze più frequenti dell’assistenza sanitaria. Su questo fronte siamo nella fase iniziale di sviluppo di un candidato vaccino per la prevenzione dello stafilococco. In questo caso non parliamo di numeri elevatissimi, ma certamente di infezioni che hanno un peso rilevante sui sistemi sanitari.
E arriviamo al terzo macro ambito: la vaccinazione della donna in gravidanza per la protezione del bambino.
Il concetto è semplice, vaccinare la mamma per proteggere il bambino. Più difficile sarà il percorso necessario a far passare culturalmente uno strumento di prevenzione di quTAGS: persone, biotech, pharma, imprese, Siena, ricerca, vaccini, meningococco, gsk, meningite, Gsk Vaccines, DellaCioppa, articoloblog
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