Biorobotica: si svela il legame tra cervello e senso del tatto, per interpretare gli stimoli sensoriali
05/05/17
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Su Scientific Reports lo studio della Scuola Superiore Sant’Anna e della Lund University
Diventa sempre più chiaro il rapporto fra cervello ed elaborazione degli stimoli tattili, che contribuiscono a comprendere e decodificare il mondo esterno. Una ricerca congiunta tra Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna e Facoltà di Medicina dell’Università di Lund (Svezia), pubblicata sulla rivista Scientific Reports, svela un meccanismo fondamentale per l'elaborazione degli stimoli tattili nel cervello.
Le potenziali future applicazioni biomedicali di questa scoperta sull’uomo vanno dallo sviluppo di più sofisticate e funzionali neuroprotesi (sistemi che decodificano i segnali del cervello e li trasmettono ai motori di un arto robotico per sostituire un arto amputato e in contemporanea inviano segnali nervosi al cervello per restituire il senso del tatto), alla comprensione della genesi di malattie neurologiche, allo sviluppo di modelli per verificare l’entità di danni neurologici, per stimare l’avanzare di malattie neurodegenerative.
Le due istituzioni universitarie italiane e svedesi hanno unito le forze per capire come il cervello elabora l'esperienza del tatto. I risultati delle ricerche, condotte su modelli animali, hanno gettato una nuova luce sull’elaborazione dei segnali tattili sensoriali da parte del cervello e sulla conseguente formazione della rappresentazione del mondo esterno. Questa scoperta, pubblicata alcune settimane fa, è stata ottenuta con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Consiglio delle Ricerche svedese e della Commissione Europea.
Per l’Italia, i risultati saranno ulteriormente applicati dalla Scuola Superiore Sant’Anna grazie ai progetti di ricerca in corso con Inail e Regione Toscana, per sviluppare nuove protesi robotiche, in grado di restituire alla persone amputate la sensazione del tatto, o robot in grado di rendere ancora più preciso e rapido il rilevamento tattile di tumori durante operazioni chirurgiche.
Utilizzando un dito bionico, in grado di restituire con il suo polpastrello il senso del tatto in maniera artificiale, il gruppo italo-svedese è riuscito a generare sensazioni tattili artificiali, trasmesse alle terminazioni nervose della pelle, imitando così il comportamento dei recettori nervosi che si trovano sui polpastrelli. Le analisi della risposta a questi stimoli da parte della corteccia cerebrale somatosensoriale (la corteccia cerebrale specializzata anche nell’elaborazione degli impulsi tattili) hanno rivelato come i neuroni elaborino i segnali in arrivo dalla periferia del corpo per rappresentare nel nostro cervello l’interazione con il mondo esterno, proprio attraverso il tatto.
Parte dell'efficacia di questa rappresentazione deriva dalla sorprendente ricchezza del profilo temporale della risposta dei singoli neuroni, e parte deriva dall’eterogeneità della popolazione neuronale: la collaborazione tra i neuroni, specializzati nel trasmettere determinati stimoli, permette la corretta e completa rappresentazione del mondo esterno grazie all’elaborazione che avviene nel cervello.
Nel dettaglio, lo studio è stato condotto dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna, con la direzione scientifica dei bioingegneri Calogero Oddo e Silvestro Micera, e dall'Università di Lund, con la direzione scientifica di Henrik Jörntell. Questi scienziati sono i responsabili dei progetti di ricerca internazionali e nazionali che hanno supportato lo studio, con finanziamenti dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Direzione generale per la promozione del sistema Paese (Economia, Cultura e Scienza) - Unità per la cooperazione Scientifica e Tecnologica - e da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, attraverso il progetto di ricerca bilaterale SensBrain e il progetto nazionale PRIN/HandBot. Finanziamenti sono arrivati anche da parte della Commissione Europea mediante i progetti FP7-FET NEBIAS e FP7-NMP NANOBIOTOUCH, dal fondo svedese Hjärnfonden e dal Consiglio delle Ricerche Svedese.
“Alcuni neuroni sono, da soli, molto efficaci nel decodificare gli stimoli che abbiamo testato, ma nessun neurone è perfetto – spiegano il neuroingegnere computazionale dell’Istituto di BioRobotica Scuola Superiore Sant'Anna Alberto Mazzoni e il collega svedese Anton Spanne, che hanno contribuito alla ricerca – però la loro varietà è tale che le imperfezioni dell'uno sono compensate dall'altro. La combinazione dell’attività dei neuroni consente quindi di identificare gli stimoli in maniera perfetta”.
“Nel futuro prossimo, anche grazie ai risultati dei progetti in collaborazione con Inail, questa conoscenza scientifica sarà incorporata in una nuova generazione di arti robotici sensibili – sottolinea Calogero Oddo, bioingegnere coordinatore dello studio per la parte biorobotica – in grado di trasmettere agli amputati i dettagli dell'esperienza sensoriale del tatto. Con i progetti di ricerca sostenuti dalla Regione Toscana i nostri risultati porteranno a miglioramenti anche nei sistemi robotici dotati di capacità sensoriali tattili simili a quelle umane, per svolgere compiti complessi, ad esempio in robot chirurgici, robot di soccorso e robot di servizio e industriali”.
“Esprimiamo la soddisfazione dell’Istituto per i risultati raggiunti – dichiara Carlo Biasco, direttore centrale assistenza protesica e riabilitazione dell’Inail– da e con i qualificati partner con i quali collaboriamo stanno consentendo l’avvio di una filiera di ricerca che, una volta trasferiti a livello tecnologico i risultati ottenuti, potrà garantire un più alto livello di assistenza a beneficio degli infortunati sul lavoro e di tutte le persone con disabilità”.
“L'elaborazione del segnale sensoriale dipende dal corretto funzionamento dei circuiti neurali – aggiunge Henrik Jörntell, coordinatore svedese della parte neuroscientifica dello studio – pertanto il nostro metodo di valutazione dell’'abilità dei neuroni potrebbe essere utilizzato in futuro per decodificare gli stimoli e stimare in modo quantitativo la gravità di un danno neurologico o di una malattia neurodegenerativa”.
Fonte: Scuola Superiore Sant'Anna.
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