N.T. Laboratory, quando l’innovazione nasce dalla tradizione
07/08/17
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L’azienda fiorentina produce macchinari automatizzati e dispositivi diagnostici in vitro. Matteo Fallani, R&I Project manager, ci ha spiegato come è possibile fare innovazione mantenendo una produzione tradizionale
È old style, ma molto innovativa. Produce macchinari automatizzati e dispositivi diagnostici in vitro dal 1999 ed è una piccola azienda che gravita fra Calenzano e Roma. N.T. Laboratory è una manufacturing e engineering company, ma sembra una rarità nell’era dell’I40, l’industria 4.0, la cui parola chiave è tecnologia digitale. L'R&I Project manager, Matteo Fallani, conferma questa immagine e ne illustra il potenziale.
Cosa significa essere vecchio stile?
Significa che la nostra è una catena di produzione tradizionale. La digitalizzazione è lontana dai nostri processi di produzione, ma la usiamo nel settore R&D, come strumento per condividere documenti. I nostri strumenti funzionano con informazioni digitali e abbiamo un digital engineer nel gruppo.
Non farete mai il salto nel digitale?
“Acquisteremo per gli stabilimenti di Roma macchine digitalizzate connesse, in grado di inviare dati. Nel corso degli anni, comunque, ci siamo già adattati un po’ sul fronte delle macchine e del lavoro. Ma la produzione resta tradizionale”.
Ciononostante fate parte di una rete regionale ad alta tecnologia...
La Toscana è una buona rete di tecnologie, in particolare per ottica e scienze della vita. Far parte del cluster regionale aiuta a trovare le giuste persone e le competenze, imparare cose o ottenere conoscenze che non abbiamo in-house. Il supporto della Regione per noi è importante, perché partecipando agli eventi possiamo fare networking.
Come riuscite a essere competitivi?
Guardando quello che fanno i competitor, andando alle fiere professionali 2-3 volte l’anno. Curiosando fra le nuove tecnologie emergenti. Ma anche parlando con i fornitori, i consulenti e con le università. Abbiamo delle buone collaborazioni con le università locali, con il CNR, con il LENS, con il dipartimento di biochimica dell’Università di Firenze.
Curate anche i rapporti internazionali?
Sì, soprattutto nelle aree del Medio Oriente e in Cina.
Sul fronte dei finanziamenti, attingete a risorse esterne?
Per le attività R&D è indispensabile ottenere finanziamenti esterni. Riusciamo a ottenerli grazie a bandi regionali e H2020. Siamo stati partner di progetti in FP7 e adesso lo siamo in H2020. È l’unico modo per lavorare con flusso di cassa positivo. Non ci possiamo permettere di anticipare soldi, perché servono per mandare avanti le attività di ogni giorno e la produzione. Preferiamo lavorare a rischio zero.
Assumerete nuovo personale?
Sì, vogliamo rinnovare le macchine a Roma e potremmo aver bisogno di personale con nuove competenze. Siamo una piccola azienda di circa 12-15 persone. La R&D qui a Calenzano e la produzione a Roma. Quattro, invece, sono impiegate in R&D.
Sempre in tema di digitalizzazione, se i vostri fornitori innovano i prodotti, non siete obbligati ad adattarvi?
A volte sì. Nel migliore dei casi succede che il prodotto venga migliorato. In altri, si tratta solo di modifiche per ridurre il prezzo. Soprattutto nell’elettronica, le dimensioni, le boards sono piccolissime; ogni anno ci troviamo di fronte a nuove versioni di prodotti. Questo porta anche a un miglioramento del nostro prodotto. Componenti più piccole ci permettono di fare dispositivi compatti e il cliente è contento.
Producete OEM, cioè apparecchiature originali, ma non le marchiate. Perché?
Alcune aziende sono interessate al nostro prodotto, noi produciamo per loro. Non lo firmiamo perché abbiamo stabilito un accordo sulla IP. D’altra parte, non abbiamo strumenti per la vendita diretta delle nostre macchine.
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