Presentati i primi risultati di PRIME-VR2, progetto europeo coordinato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa (DICI), che mette la realtà virtuale al servizio della riabilitazione. Il progetto conta tra i propri partner diverse università, laboratori di riabilitazione e aziende provenienti da nove paesi europei. Lo scopo è quello di creare ambienti di realtà virtuale per la riabilitazione motoria di persone colpite da malattie cardiache o degenerative o da infortuni mediante l'uso di dispositivi indossabili stampati in 3D e personalizzati sulle caratteristiche del paziente.
L’incontro di presentazione dei risultati ospitato a Pisa ha riunito i partner del progetto. “Siamo molto soddisfatti di questi anni di lavoro – ha detto Sandro Barone, docente di Disegno e Metodi dell'Ingegneria Industriale e coordinatore del progetto - Nell’ambito del progetto abbiamo messo a punto un sistema per la riabilitazione realmente ritagliato sui bisogni e sulle caratteristiche della persona che segue il programma. L’arto superiore da riabilitare viene scansionato mediante un nuovo dispositivo per acquisire la geometria, i movimenti e le forze. Queste informazioni ci permettono di progettare un controller personalizzato da indossare. Tramite un visore il paziente entra nell’ambiente di realtà virtuale, e con il controller esercita il braccio o la mano in alcuni giochi o alcune attività, anch’essi pensati e tarati su di lui, come per esempio lanciare la palla in cui canestro. La forza richiesta per il lancio è diversa da paziente a paziente, in base ai risultati che vogliamo ottenere”.
“Uno dei problemi maggiori legati alla riabilitazione – ha aggiunto Armando Viviano Razionale, docente di Disegno e Metodi dell'Ingegneria Industriale e responsabile scientifico del progetto - è l’elevato grado di abbandono del percorso riabilitativo, che può essere dovuto a fattori come la ripetitività degli esercizi. Questo può portare a demotivazione e depressione. Gli ambienti virtuali progettati consentono invece, con l’assistenza di personale medico, di compiere i movimenti giusti per riabilitare l’arto in un ambiente coinvolgente, e arrivare più facilmente ad un risultato, con il conseguente miglioramento della qualità della vita dei pazienti.”.
Un progetto che si colloca nell’ambito della medicina personalizzata e fortemente orientata non solo a cure specifiche, ma al miglioramento complessivo della qualità della vita delle persone: “Le nuove tecnologie – ha concluso Barone - e in particolare la customizzazione di sistemi indossabili possono rendere la progettazione di percorsi terapeutici personalizzati una conquista sempre più concreta”.
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